Io la vedo, la maestra Maria, che lo guarda incantata, ma anche le altre bambine, e le suore. Suor Germana gli chiede tutti gli anni di fare Cristo in croce durante la recita di Pasqua, ma Daniele si rifiuta categoricamente e dice che non ci crede, a Gesù. Allora suor Germana alza una mano sulla sua testa, sembra sempre che voglia dargli uno schiaffo ma poi non glielo dà e scuote la testa, andando a cercare la maestra per dirgliene quattro. Se la prende sempre con lei, quando uno dei ragazzi dice cose contro la religione, e io questa cosa non la capisco. Che c’entra la maestra Maria con Gesù? Solo perché si chiama Maria deve insegnare la religione ai bambini?
Tanto la maestra non ce l' insegnerà mai religione, perché una volta l’ha detto sul serio che non crede a Gesù, e allora forse un po’ di ragione ce l’ha, suor Germana, a prendersela con lei.
Ultimamente Giovanni passa il tempo con me, quando andiamo a fare la passeggiata in cortile. E’ strano, perché lui è Scheggia, quello che corre sempre, e appena si trova all’aperto parte in quarta e fila via. Be’, non proprio. Non può filare via, fa solo il giro della scuola, però almeno venti volte, e allora un po’ se ne va, capito? A volte sembra che voli.
E’ una settimana che passa l’ora in cortile insieme a me, mangiando la frutta sul muretto più lontano dall’ingresso e lanciando occhiate a Daniele, che parla con il cuoco. Questa storia del cuoco non gli va giù, eppure Daniele divide sempre con noi quello che lui gli dà la sera, di nascosto.
Ma forse Giovanni non si arrabbia perché Daniele ha un sacco di dolcetti e la parte più tenera della carne, forse si arrabbia perché il suo amico passa tutto quel tempo con il cuoco. E se ci avviciniamo loro non parlano più, come se parlassero di qualcosa di segreto, qualcosa che noi non possiamo capire.
Questa cosa può sembrare normale, ma non lo è. Perché noi tre stiamo sempre insieme, non abbiamo segreti, io, mio fratello e Giovanni. Tranne quando il cuoco fa le passeggiate con Daniele, in giardino.
Secco è grande, però a volte sembra un bambino. In bocca ha due denti, come i neonati, e ride sempre.
E’ lui quello che controlla a che ora andiamo a dormire, e quando ci lamentiamo perché vogliamo ancora tenere la luce accesa dice che dobbiamo stare zitti e ringraziare la Madonna. Che anche lui è cresciuto in un orfanotrofio, solo che non era bello come il nostro. Lui doveva dormire in una stanza grande con cento bambini, anche due in uno stesso letto, e c’era sempre chi aveva la febbre, chi vomitava o faceva pipì a letto, e c’era una puzza infernale.
Noi invece abbiamo le stanze. In una dormiamo noi tre, anche se non era così dall’inizio. Poi Daniele è andato a parlare con il direttore e gli ha detto se poteva dormire con me e Giovanni, che all’inizio dormivamo con Luisa.
Secco dice che non va bene che dormiamo maschi e femmine mischiati, e che lo dice sempre alle suore, e che le suore sono sceme, non capiscono niente.
Devo essere scema anche io, perché non lo capisco neanche io questo fatto, cioè che non dovremmo dormire insieme.
Io dormivo con Daniele pure quando stavamo a casa nostra, con papà. E papà non ha mai detto che era una cosa strana. Però forse papà non se ne importava niente di noi, perché quando ha fatto le valigie e Daniele gli ha chiesto dove andavamo, lui ha risposto che partiva da solo, senza di noi. Ci ha lasciati a casa, anche se questa cosa qui non me la ricordo, se la ricorda bene solo Daniele, che aveva otto anni. Mi racconta che papà se n’è andato e ci ha lasciato tutto il frigorifero pieno, però poi le cose da mangiare sono finite e noi siamo stati portati qui dentro. Era meglio se papà lo riempiva di più il frigorifero, almeno il doppio, così noi eravamo ancora a casa quando lui tornava e non ci portavano dalle suore, e dal Secco che spegne la luce così presto.
Il cuoco mi ha portato la torta, stasera. E’ bella, piena di panna e con la glassa rossa, che è il mio colore preferito. Ho spento le candeline e lui mi ha fatto le fotografie.
Quando me le fa io mi vergogno, perché sono brutta. Mi metto le mani in faccia e il cuoco si arrabbia, dice che è meglio ancora se sono brutta. Faccio ridere di più.
Non lo so mica se è una cosa bella, che faccio ridere.
Nella stanza c’è solo la luce delle candele, e c’è il cuoco, Secco e Mosca, oltre a Giovanni e Daniele, che cantano a bassa voce Tanti Auguri.
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