Sarà in libreria dall’8 settembre il thriller La stanza del male (Kråkflickan, 2010) con il quale hanno fatto il loro esordio una coppia di scrittori svedesi: Jerker Eriksson e Hakan Axlander Sundquist.
Questa coppia di amici molto eclettici dopo aver suonato insieme e frequentato gli stessi gruppi musicali, in pochi mesi hanno scritto a quattro mani La stanza del male.
«Il metodo di lavoro è stato semplice», hanno dichiarato gli autori in un’intervista, «scriviamo un capitolo a turno, e poi ci passiamo il testo. Dopo vari aggiustamenti, leggiamo il risultato ad alta voce. Se leggendolo funziona allora il testo è pronto.» I loro racconti erano sin dalla prima stesura cupi, drastici, con un ritmo particolare che spinge a leggere «ancora un altro capitolo» senza poter mollare la storia prima della fine. «Le domande chiave per noi sono: Cosa crea un carnefice? Quando una vittima diventa carnefice? Quando non è più lecito incolpare le proprie esperienze negative?»
Visto il grande successo nazionale e internazionale della Stanza del male, stanno scrivendo il loro secondo romanzo.
Il romanzo pubblicato in Svezia nell’ottobre del 2010 ha avuto un immediato successo e i relativi diritti sono stati contesi aspramente alla fiera di Francoforte e la Corbaccio ne acquista i diritti per l’Italia.
In questo loro primo romanzo i due autori pongono ai lettori una domanda alla quale è molto difficile rispondere: quanto dolore si può sopportare prima di diventare un mostro?
Jerker Eriksson è nato e cresciuto a Gävle. Prima di scoprire di essere un romanziere, per mantenersi è stato lavapiatti, macchinista teatrale, commesso in un negozio di dischi, magazziniere, ruspista, impiegato alle poste, guardiano, imballatore, produttore musicale, cameraman, organizzatore di tournée, bibliotecario in un carcere, capo bibliotecario.
Håkan Axlander Sundquist è nato a Linköping, cresciuto a Falun, Stoccolma e a Gävle, è stato assistente bibliotecario, condannato per renitenza alla leva, operaio in una fabbrica di birra, guardaboschi, distributore di giornali, magazziniere, tecnico del suono, imbianchino, muratore, falegname, macchinista teatrale, cameramen, webdesigner, editorialista, gallerista, musicista.capo bibliotecario.
un brano:
L’aeroporto era grigio e freddo come una mattina d’inverno. Era arrivato con un aereo della Air China in un paese di cui non aveva mai sentito parlare. Sapeva che centinaia di bambini prima di lui avevano intrapreso lo stesso viaggio e, proprio come loro, anche lui aveva una storia ripetuta mille volte, da raccontare alla polizia della dogana. Senza indugiare su una sola sillaba aveva riferito quel racconto che per mesi aveva borbottato fino a quando non l’aveva imparato a memoria.
Aveva lavorato alla costruzione di uno dei grandi stadi per le Olimpiadi, portando mattoni e malta. Suo zio, un povero operaio, gli dava un posto dove dormire. Ma poi lo zio si era ferito gravemente ed era finito al l’ospedale, e lui non aveva più nessuno che si prendesse cura di lui. I suoi genitori erano morti e non aveva sorelle o altri parenti a cui rivolgersi.
Durante l’interrogatorio della polizia aveva raccontato che lui e lo zio erano stati segregati e trattati da schiavi. Aveva lavorato in cantiere per cinque mesi senza mai poter diventare un cittadino a tutti gli effetti. Secondo il vecchio sistema hokou, infatti, era registrato presso il suo villaggio natale, lontano dalla città, e di conseguenza era privo di diritti nel luogo in cui viveva e lavorava. Per questo era stato costretto a partire per la Svezia, dove si trovavano i parenti che gli erano rimasti.
Non aveva idea di dove abitassero, ma secondo suo zio si sarebbero fatti vivi non appena lui fosse atterrato. Era arrivato nel nuovo paese solo con i vestiti che aveva indosso, un cellulare e cinquanta dollari americani. Sul telefono non c’era nessun numero, messaggio o foto che potesse rivelare qualcosa di lui. Il cellulare era nuovo e non era mai stato usato. Ciò che non aveva detto alla polizia era il numero di telefono scritto su un pezzo di carta che aveva nascosto nella scarpa sinistra. Un numero che avrebbe chiamato non appena fosse riuscito a fuggire dal centro d’accoglienza per gli immigrati.
la quarta:
Svezia, tardo pomeriggio, un appartamento chic della capitale. La psicoterapeuta Sofia Zetterlung è assorta nello studio delle cartelle cliniche di due casi che la turbano particolarmente: Samuel Bai, ex bambino soldato dalla Sierra Leone e Victoria Bergman, donna di mezza età con una profonda e misteriosa ferita risalente all’infanzia. Due persone diverse accomunate però dallo stesso problema: mostrano lampanti sintomi di personalità multipla.
Contemporaneamente, alla periferia di Stoccolma viene ritrovato il cadavere di un ragazzino che ha subito pesanti violenze. Nessuno reclama il corpo: il ragazzo è di origine straniera, nessuno sente la sua mancanza. Non è un caso da prime pagine dei giornali, ma il commissario di polizia Jeanette Kihlberg sa che non riuscirà più a chiudere occhio finché non l’avrà risolto. E sa che da sola non ce la farà. Ha bisogno di un esperto in grado di entrare nella mente di un assassino così efferato, e contatta Sofia, riconosciuta in tutta Stoccolma per la sua abilità di profiler. Al primo omicidio ne seguono altri, tutti con le stesse atroci modalità. È un serial killer quello che cercano, ma la domanda che Jeannette e Sofia si pongono è la stessa: prima chi era? Adesso è un mostro ma prima era un uomo. E quanto deve soffrire un uomo per trasformarsi in un mostro?
Jeannette e Sofia hanno in comune tante cose, una professione che le costringe ad affrontare quotidianamente il male, e una vita privata insoddisfacente, due compagni egoisti in crisi di mezza età. Lavorando fianco a fianco diventano amiche. Ma una spirale di eventi e di colpi di scena porterà entrambe di fronte a una verità insospettata e terribile, che metterà in pericolo la loro vita…
La stanza del male di Jerker Eriksson e Hakan Axlander Sundquist (Kråkflickan, 2010)
Traduzione Umberto Ghidoni
Corbaccio, collana Narratori Corbaccio, pagg. 380, euro 17,60
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