Tre scheletri riaffiorano dal passato. Un lieve terremoto e un vecchio rudere restituiscono un inquietante mistero. Nell’estate del ’56 tre fratellini scompaiono nei magici e misteriosi boschi della Val Pòsina, sull’inspiegabile sparizione aveva indagato un giovane brigadiere con l’ausilio di un cappellano, insegnate di latino al liceo. Dodici anni dopo lo stesso brigadiere, ormai maresciallo, viene richiamato in fretta dalla Calabria, per far luce sul macabro ritrovamento.
L’ultima Anguàna, pubblicato da Foschi Editore, è il secondo romanzo di Umberto Matino, che dopo il successo di La Valle dell’Orco, ci conduce in questa nuova vicenda a confrontarci con la leggenda delle Anguàna, mitiche, ambigue e inquietanti ninfe delle fonti, un essere leggendario che vive nei racconti e nelle paure della cultura popolare delle nostre montagne.
Il libro è pervaso di una sottile e malefica tensione narrativa, la vicenda si dipana nel tempo, attraversando i decenni, coinvolgendo uomini e donne, amori e odi, misteri e passioni. Le indagini, le domande, gli interrogativi proseguono pagina dopo pagina mentre la melliflua presenza delle Anguàna, si fa sempre più concreta e inquietante, mentre un mistero di follia e odio riemerge da un passato dimenticato e crudele.
La scrittura di Matino è fluida ed evocativa, ben calibrata, piacevole e scorrevole, sempre efficace, mai banale. I personaggi sono caratterizzati e delineati con accuratezza e passione, i dialoghi sono freschi ed efficaci, sempre originali, conducono e sorreggono la narrazione, accompagnandosi con la coinvolgente descrizioni di uomini e luoghi, che costituisce senza ombra di dubbio uno dei punti di forza di tutto il romanzo.
Un romanzo fatto di atmosfere suggestive, di inquietanti misteri e amore per la propria terra. Un amore viscerale e concreto per luoghi, persone, tradizioni, che traspare in ogni pagina, che colpisce e conquista, che guida il lettore attraverso il buio e l’oscurità agghiacciante della morte. Una splendida lettura.
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