Nella stanza il silenzio. L'attesa è una fune tirata da De Luca, piano, un pezzo alla volta, finché si rompe nell'impazienza degli altri.

"Allora?" chiedono all'unisono.

Il commissario passa lo sguardo sui tre, soffermandosi qualche istante su ognuno come se le loro facce inquiete gli fossero nuove. Deglutisce. Non ha idea di come prenderanno la notizia.

"Ammettiamo che questo sia un gioco che prevede un solo giocatore, due al massimo. E che nessuno di noi quattro sia giocatore, ma semplice pedina. Pedina di una penna che è l'elemento indispensabile del gioco", comincia prendendola alla larga. Ha sei occhi puntati addosso.

"Avete presente la faccenda del manoscritto a due mani? Ci giravamo intorno e non ne venivamo a capo. Eravamo ciechi. Ho aperto gli occhi adesso e non ho visto qualcosa di piacevole. La verità è che... si tratta di storia scritta. Pura fiction. E noi ci siamo dentro fino al collo", continua.

"Io non ci capisco una minchia", sbotta Coliandro.

"Normale. Non a caso sei stato creato leggermente tardo." Lo dice piano, De Luca, come parlasse a se stesso. La sua faccia è grigia tendente al verdognolo. Si sente svenire per quella che crede fortemente sia la verità.

"Non so se io dovrei essere quella sveglia, ma mi associo a Coliandro. Spiegati Achille", interviene Grazia Negro.

"Eppure di indizi ne hai avuti... ne abbiamo avuti. Questo è il primo: carta canta." De Luca alza e mostra la foto: appunti di Lucarelli accanto al suo cadavere.

"E' semplice: un morto e un manoscritto che avrebbe suscitato scalpore. Era la sua prima mossa", continua.

"Semplice per te, che ti ritieni il re dei rebus. La prima mossa di chi?" chiede Coliandro. Offeso.

"Dello scrittore. Lucarelli, no?"

"Io me lo ricordo stecchito, se permetti."

"Non era lui, ma il suo alter ego, qualcuno che è parte della trama stessa, perché il tutto potesse avere inizio."

"Quindi?" chiede Grazia perplessa. La spiegazione viaggia ancora in una dimensione alquanto nebulosa.

"Ma non capite? Questa è la sua ultima storia e noi ne facciamo parte. Il primo messaggio era chiarissimo: Lucarelli è morto. Il ragionamento che ne consegue è semplice come un incastro senza spigoli: morto lo scrittore, i suoi personaggi finiscono di esistere. Allora cosa fa? Per prepararci alla fine tesse una trama buttando qua e là altri indizi. Il manoscritto a casa mia ad esempio. E' stato quel 'De Luca non si rende conto dello stadio della malattia, la percezione della realtà è sempre più confusa.' a farmi riflettere. Vedete, voleva avvisarmi che qualcosa in me era ormai alla fine. Ma memmeno voi siete esenti dalla sentenza nefasta."

La mascella di Gargiulo cade, la bocca si apre nel terrore. Coliandro fa scivolare la mano verso il basso in un gesto scaramantico, mentre con l'altra produce un paio di corna accompagnate da un "Tiè" secco. Che De Luca abbia una percezione confusa della realtà la ritiene l'unica cosa sensata di tutto il discorso.

Grazia è sbigottita. Eppure avalla la teoria del commissario:

" I PERSONAGGI NON SOPRAVVIVERANNO ALL'AUTORE. Se il tuo ragionamento è giusto, questo è il messaggio più chiaro. Lo abbiamo analizzato cento volte, senza mai ammettere nel pieno il suo senso. Cosa dobbiamo aspettarci adesso?"

"Niente Grazia, l'ultimo avviso l'abbiamo ricevuto poco fa. Siamo gli autori, ha detto qualcuno. Già... forse Lucarelli non ce la fa da solo a eliminarci tutti, troppa fatica e si è servito di una seconda penna. Mi viene in mente che quel qualcuno possa essere il Capo. Pur di salvarsi si è reso disponibile ad aiutarlo nella strage. La telefonata è stata l'ultimo atto, la nostra fine."

"NO!" urla Grazia come se si risvegliasse da un incubo. "Lo scrittore non lo farebbe mai, siamo le sue creature."

"E come tali può farci quello che vuole."

Gargiulo non riesce a proferire verbo. Coliandro non ci sta, quel gioco perverso non ha senso, De Luca deve aver perso del tutto la ragione.

"Senti commissario, a parte il fatto che non è vero che Lucarelli mi ha fatto tardo. Imbranato magari sì, ma intuitivo pure. Infatti, se permetti, a parte qualche sporadica toppata, io i casi li risolvo. Date retta a me: lo scrittore è vittima di un complotto. Vedrete se c'ho ragione."

Si siede stremato e pallido, adesso. E non è l'unico a sentirsi così. Anche gli altri si siedono, mollemente. Stanchi.

"Strano... mi sento... strano, ecco", sussurra Coliandro.

* * *

Non può mettere a fuoco e ciò lo inquieta. La penombra gli fa venire il vomito. Ha l'urgenza di vederli sotto la luce del sole, o quella di un lampione, al limite di una lampadina. DEVE vederli in faccia. Ci sono tutti e quattro e, in definitiva, questo è l'importante. Anche se non parlano. Anche se ormai non hanno più niente da dire, malati e stanchi come sono.

La luce arriva: puntino, faro, chiarore diffuso. Ma dove sono finito, è il suo primo pensiero. Nella luce Grazia Negro non è più pallida, lo osserva dall'alto e ride, anzi sorride. Non l'ha mai immaginata con denti tanto perfetti. Se non l'ha immaginata... allora forse non è lei.

Ragiona, si dice. Perché Grazia dovrebbe indossare un camice bianco?

La biro nel taschino gli balla davanti agli occhi, non riesce a mettere a fuoco il nome sul badge attaccato appena sotto, anzi sì c'è scritto dott.ssa Grazia... ma Grazia che? E poi neanche le somiglia. Almeno non alla sua Negro.

"Dottor Lucarelli... mi sente?"

Come?

"Carlo... può sentirmi?"

La voce passa da un tono basso e roco, che viene da lontano, a qualcosa di più vicino, che ha del sensuale e già sta meglio, ma non capisce. Dove sono tutti gli altri?

"Sì," risponde.

"Lei adesso si sentirà confuso, è tutto normale, e si chiederà dove si trova in questo momento."

Grazia l'intuitiva.

"Questo è un ospedale, dottor Lucarelli. Si ricorda di avere firmato il consenso informato?"

Quale minchia di consenso, direbbe Coliandro e a lui le parole non escono, ma pensare a Coliandro gli dà un'euforia ingiustificata, sente le labbra che tirano in su. Forse sta sorridendo perché adesso anche lei ricomincia a sorridere, il sorriso è contagioso.

"Molto bene Carlo, sta reagendo come previsto. Molto, molto bene. Adesso la lascio riposare. Diciamo che farà un sonno senza sogni, rilassante. Al suo risveglio avrà una bella sorpresa."

La bella sorpresa è che si sente vivo. Oddio, non proprio vivo e vegeto, ha una nausea da paura, la vertigine lo fa sentire in una centrifuga. Richiude gli occhi finché tutto diventa sopportabile.

Li riapre, la stanza è quella di un ospedale con tutti gli annessi. Ha una sola domanda per niente originale: cosa mi è successo?

Non che le ipotesi gli manchino. Nessuna lo convince.

Si sono accorti che ha ammazzato il suo sosia e hanno cercato di finire anche lui nello stesso modo; si è salvato per il rotto della cuffia e ora si trova lì. Oppure... è stato in coma per qualche motivo che gli sfugge e ha vissuto un'esperienza di pre-morte con un giro all'inferno visto che è un assassino. Ma davvero ha fatto fuori quel poveraccio? Il solo pensiero gli fa accapponare la pelle.

Si guarda le mani, le può muovere, così come braccia e gambe e questa è una buona notizia. Sa leggere l'ora sull'orologio a parete davanti a sé. Un'altra buona notizia. Che siano le undici e mezzo gli ricorda solo che l'ora di pranzo si avvicina. Non che abbia un appetito da lupi. Il pensiero di un piatto di lasagne, ad esempio, gli provoca una nausea immediata. Si concentra sulla lancetta dei secondi per annullare il ricordo del pasto micidiale nella monotonia ritmica. Finché la lancetta gli indica il sei e allora si accorge che appena sotto ci sono riquardi con una data: 26 10 2010. Ha appena il tempo per considerare che non può essere... la porta si apre ed ecco ancora lei, quella che è la versione ospedaliera di Grazia.

"Buongiorno Carlo, allora, come si sente adesso?"

"Vivo?"

"Esatto. Mi presento: sono la dottoressa Grazia Bianchetti, le dice qualcosa il mio nome?"

"Dovrebbe?"

"Non necessariamente. Che il mio nome coincida con quello della sua ispettrice e che il mio cognome ricordi più o meno l'opposto del suo è pura coincidenza, mi creda. Fra poco arriveranno due miei colleghi, dobbiamo festeggiare. Io sono qui per prepararla alla notizia: l'esperimento è riuscito perfettamente."

"L'esperimento?"

Grazia ha davvero un bel sorriso, le labbra carnose e i denti bianchi, e sopra ci sono occhi neri e profondi. Una così non può darti brutte notizie. Oppure sì?

Dalla porta entrano altri due medici, più in là con gli anni rispetto a Grazia. Si somigliano tra loro, grigi nei capelli e nella barba. La differenza sta nell'altezza. Uno è parecchi centimetri più basso dell'altro.

I due hanno il sorriso intelligente, che è quello che ti rassicura ed è per questo che deve spaventarti, perché è un sorriso pieno di umanità, umile come quello del messaggero portatore di pessime notizie davanti al re.

"Buongiorno dottor Lucarelli. La dottoressa Bianchetti le ha già anticipato qualcosa, ma è giusto informarla di tutto dall'inizio. Vede, lei è stato scelto per quello che noi abbiamo chiamato l'esperimento Mystery Writer." Fa una pausa a effetto, il dottore. Aspettandosi una reazione.

Che non arriva. Il carattere prudente dello scrittore ha la meglio, per il momento.

Il medico continua sullo stesso tono:

"Siamo ricercatori, analizziamo il cervello umano e le sue molteplici risorse. Lei non ha idea di quanto la scienza abbia progredito in questi ultimi tempi. Ci interessava capire i meccanismi di una mente creativa come quella di uno scrittore, una mente misteriosa e complessa. Abbiamo scelto lei tra una nutrita rosa di candidati. Quindi le abbiamo fatto firmare il consenso per procedere."

Consenso... adesso ha un ricordo vago, Lucarelli, di analisi del sangue, roba di routine e di un medico che parlava di poter utilizzare i suoi dati a scopo di ricerca. Aveva firmato fiducioso di poter dare il suo contributo. Se il consenso era quello...

"Non ricordo di esser mai stato informato di qualcosa del genere", dice.

"Non potevamo spiegarle 'Mystery Writer' nella sua interezza. Lei sarebbe stato fortemente condizionato e l'esperimento avrebbe avuto scarsa probabilità di riuscita. In questo modo invece abbiamo ottenuto un esito oltre ogni aspettativa."

"Posso sapere cosa mi avete fatto?" Ha l'impressione che la risposta non gli piacerà.

"Ne ha diritto. Niente di traumatico, comunque. Al posto del prelievo di sangue, le abbiamo somministrato qualcosa per sedarla, un nuovo farmaco in grado di rilassare totalmente e di estraniare dalla realtà il paziente. Più o meno lo stesso effetto che si può ottenere con una vasca di deprivazione sensoriale, ma in tempi infinitamente più brevi. Quindi abbiamo inviato all'area creativa del suo cervello la prima immagine: lei stesso privo di vita, i suoi appunti, un paio dei suoi personaggi. E' stato incredibile scoprire come la sua mente si sia attivata all'istante. Attraverso un programma informatico di ultimissima generazione, rivoluzionario a dir poco, noi tre abbiamo potuto seguire le varie fasi della creazione e dello sviluppo della storia che ha preso forma nel suo cervello. Potremmo definirla un'introspezione mentale indotta, dottor Lu... posso chiamarla Carlo?"

Lo strizzacervelli prende fiato. Si tocca la barba e si aggiusta gli occhiali sul naso. Il clone basso sorride e approva annuendo. Grazia fissa Lucarelli, scruta la sua reazione.

Alla faccia del niente di traumatico. Lo scrittore non sa se ridere o piangere. Altro che violazione della privacy, quei tre si sono infilati nella sua testa viaggiando in lungo e in largo. Ha un brivido involontario mentre ripensa a tutto. La cosa strana è che ricorda ogni sequenza della storia che ha elaborato, come per un sogno molto chiaro al risveglio.

Coliandro ci aveva azzeccato. E' vittima di un complotto, appunto. E anche De Luca aveva avuto l'intuizione giusta: niente di reale, pura fiction. Allora... anche la questione del sosia ammazzato è finzione. Così come il movente lucroso.

Non sono un assassino, pensa. Il sollievo è così forte che bacerebbe Grazia. Peraltro appetibile.

"Strano che io abbia pensato a un sosia da eliminare al mio posto..." dice riflettendo ad alta voce.

"Be', è scattato l'istinto di sopravvivenza. Nessuno tollererebbe di essere eliminato. Il sosia è stato un bel colpo di fantasia. Però ci ha stupiti che il suo inconscio abbia riconosciuto come movente il vile denaro, che per voi creativi dovrebbe piazzarsi a un piano basso nella scala delle priorità. Comprensibile invece che lei abbia preferito dividere il peso del delitto con un'altra persona, il Capo."

"Volevo eliminare anche tutti i miei personaggi, non volevo che mi sopravvivessero. Anche questo mi sembra inquietante."

"Sì, voleva eliminarli, ma solo fino a un certo punto della trama, quando credeva di essere morto. La sua mente ha pensato che fosse meglio sopprimerli piuttosto che cederli a qualche altra penna. Poi si è servito del sosia ed è decaduta la necessità. Ma l'idea era ormai talmente radicata che alla fine è uscita allo scoperto attraverso la voce del commissario De Luca. A questo punto lei, Carlo, ha cominciato ad avere una forte tachicardia dovuta all'agitazione e abbiamo dovuto svegliarla. "

Che peccato, pensa ironico. E' tutto talmente assurdo che comincia a subirne il fascino. Le domande nella sua testa si infilano come perline nel filo.

"La cosa strana è che ci sono personaggi che io non ho mai inventato e che, diciamo, durante questo viaggio compaiono e hanno un ruolo."

"L'esperimento ci ha regalato molte sorprese, una è questa. I suoi nuovi personaggi sono quelli che erano in qualche recesso della sua mente per un utilizzo futuro e qui sono affiorati. Alcuni li ha poi tolti di mezzo perché i loro ruoli si esaurivano nella storia stessa, come il medico legale e Gelsomino, altri sono rimasti in stand by come la giornalista di Telecentro."

"A proposito... l'abbiamo lasciata con la madre, il resto non riesco a immaginarlo."

"Per ora, ma potrebbe essere un personaggio nuovo che ritroveremo nelle sue storie."

In una puntata dell'ispettore Coliandro, forse, gli viene da pensare. E' una breve considerazione perché ora ha un'altra urgenza. Prende forma l'impressione che i tre non abbiano impiegato tutte quelle risorse solo per godersi, per così' dire, un film in esclusiva..

"Immagino che questo esperimento abbia avuto uno scopo preciso. O mi sbaglio?"

"Non si sbaglia, Carlo. Avevamo un obiettivo, dovevamo trarre una conclusione da Mystery Writer", interviene Grazia.

"E avete concluso."

"In effetti sì. L'esito è che ehm...è presente una piccola componente di schizofrenia negli scrittori..."

"Come??"

"Tranquillo, niente di preoccupante, fa parte della creatività. Vede, ancora prima della sperimentazione abbiamo studiato l'incidenza dei personaggi sul cervello di chi li crea. Avevamo il dubbio che questi personaggi avessero un ruolo che andava ben oltre la regione della fantasia, che facessero parte della vita degli scrittori in modo profondo, fino a percepirne una consistenza. Fino a non accettare che non esistessero nella realtà. Ora abbiamo la certezza che la nostra intuizione era giusta, anche se il campo è ancora tutto da approfondire. E' una scoperta nuova e noi siamo stati i primi. Merito suo Carlo! "

Evviva, una cavia perfetta. Con una sentenza da schizofrenico. E' il mio giorno fortunato, pensa Lucarelli.

"Da quanto tempo mi trovo qui?" chiede. Ha una certa urgenza di filarsela. Di corsa.

"Poco meno di tre ore da quando è entrato nell'ambulatorio per le analisi. L'esperimento in sé è durato mezz'ora. Il resto lo abbiamo impiegato a rielaborare il suo pensiero."

Lucarelli guarda l'orologio, i tre seguono il suo sguardo.

"Quindi..."

"Sì, Carlo. Oggi è il suo compleanno. Un traguardo importante, la lasciamo festeggiare in pace adesso. E naturalmente i nostri cari auguri," dice il medico alto. Grazia annuisce e sorride.

Carlo Lucarelli esce dalla stanza, attraversa il lungo corridoio, segue la freccia Uscita. E' quasi fuori. Appena prima delle porte scorrevoli c'è l'accettazione. Piena di gente. Uno strano silenzio, tutti con il numero progressivo in mano, l'aria rassegnata all'attesa. Solo uno sbuffa come un toro nell'arena, non riesce a stare fermo. Lo sente mentre dice tra i denti "Minchia, che palle". Ha dei Rayban a goccia e la giacca in pelle.

Si gira e incrociano gli sguardi.