Presentati…

Sono una ragazza che ha passato i trenta, ma con il tempo ha acquistato in charme… A parte questo, mi ritengo una promessa mantenuta della letteratura italiana (oltre che una personcina molto modesta…). Studi classici, dal liceo alla Laurea in Lettere Classiche a Bologna. In questa città ho trascorso anni intensi e bellissimi, incrociando gli autori della grande Scuola Bolognese del Giallo, allora riuniti nel Gruppo 13. Nel 1991 ho fortemente rischiato di vincere il Mystfest con il racconto Una storia d’annata. Ancora a Bologna, la mia produzione poetica ha acquistato tratti ironici grazie all’incontro con Alessandra Berardi e alle altre ragazze di “Riso Rosa”. Rientrata in Liguria, con “L’uovo di Colombina” ho vinto il premio Internazionale “Genovantasette”, presieduto da Edoardo Sanguineti, indimenticabile maestro di stile ed etica. Attualmente mi divido tra l’insegnamento, splendida sfida per una crescita civile, e la scrittura, insana, privata e deliziosa passione.

Parlaci delle tue opere, dagli esordi all’ultimo racconto, contenuto nell’antologia “Nero Liguria”.

Ho pubblicato La volpe e la luna, il mio primo romanzo, con la casa editrice Zona nel 2000, dando al testo la programmatica definizione di “giallo comico” ( che oggi è anche il nome di una fortunata rubrica di Thriller Magazine). Testo insieme spassoso e severo, neo-barocco e/o post-moderno, a tratti esilarante ritratto di un microcosmo appenninico, La volpe e la luna è una lettura che mi sento di consigliare a chi se lo fosse perso, come ha fatto nel suo blog l’ottimo Sergio Calamandrei, scrittore raffinato e gentiluomo. Nel 2007 è uscito per Zona Una storia d’annata. Il libro è nato dal desiderio di raccogliere alcuni racconti composti nel corso degli anni ’90, all’inizio della mia carriera letteraria. Il racconto eponimo, Una storia d’annata, segnalato al Gran Giallo di Cattolica nel ‘91, è in assoluto il primo racconto “d’indagine” che ho scritto e già racchiude alcuni tratti salienti della mia scrittura: lo scavo nel passato, lo slancio civile, l’ironia.  La raccolta del 2007 racchiude poi Apparenti verità, veritiere apparenze, la prima avventura del commissario Moretti e Un nuovo caso per il commissario Moretti, con lo stesso protagonista. Nel libro c’è un viraggio voluto (e sottolineo, voluto) dal massimo di giallo, al giallo comico e al fiabesco. I primi tre racconti aderiscono agli ingredienti del genere, con tanto di detective, vittima e omicida. Già a partire dall’avventura di Moretti, tuttavia, il comico diventa un ingrediente fondamentale. Negli ultimi racconti, l’indagine del protagonista non è finalizzata alla scoperta di un assassino, ma accompagna una scrittura più ironica e autoironica, fino a sfociare nel fiabesco dell’ultimo racconto: La biblioteca di Cornucopia. A segnalare il passaggio dalla detective story aristotelica all’indagine onirica in una metaforica biblioteca-mondo è il racconto Il paese dei Pirimpilli, in cui anche il grado di letterarietà e plurilinguismo è massimo. Questa raccolta mi rappresenta bene come autrice dalle molteplici voci e maschere, che sono parte di me e ricchezza o limite (per alcuni) del mio stile fino ad oggi. Il grande Valerio Varesi, presentando Una storia d’annata a Bologna, mi ha chiesto, in modo pertinente e/o impertinente, se sono eclettica o indecisa… Dal 2007 a oggi, in attesa di ultimare il secondo romanzo, sono usciti parecchi racconti: in antologia (come La forza dei ricordi, Laurum 2009) e/o on line, come l’esilarante e sferzante La supplente di sostegno (Thriller Magazine). Solo alcune settimane fa è uscito All’ombra dell’ultimo sole nell’antologia Nero Liguria (Perrone Editore, a cura di Daniele Cambiaso), un racconto che vede come protagonista l’ex commissario di polizia Stefano Moretti, deciso a cominciare una nuova esistenza, ma coinvolto come testimone in un fatto di sangue nel centro storico genovese. Qui l’equilibrio tra spunti comici, ricerca della verità e ricostruzione critica della storia italiana appare forse più realizzato e maturo, rendendo più urgente l’uscita del prossimo romanzo, che covo ormai da troppo tempo…

Parlaci del personaggio (o del racconto) che preferisci.

Se parliamo di racconto, la mia preferenza va a Il paese dei Pirimpilli, per la ricchezza della struttura a cornice, il gioco della mescolanza di voci e citazioni, gli spunti apertamente comici.

Riguardo al personaggio, inevitabile citare il commissario italo-irlandese Stefano Moretti, protagonista anche del mio ultimo racconto pubblicato, il già citato All’ombra dell’ultimo sole.

Il commissario Moretti ha tutte le carte in regola per diventare il tuo personaggio seriale. Come vedresti una prospettiva del genere? A chi ti sei ispirata quando lo hai creato?

Come stavo dicendo, Moretti è nato come la mia piccola sfida ai grandi maestri del giallo bolognese. E’ la risposta di una giovane provinciale al Sarti Antonio di Macchiavelli e al De Luca di Lucarelli. Rileggendo a distanza di anni quelle pagine, mi sono accorta che il mio Moretti forse deve qualcosa della sua selvaticità anche al bonelliano Dylan Dog, l’indagatore del brivido, grande personaggio pop dei primi anni ’90. Gli ingredienti comici sono tipici della Scuola Bolognese del Giallo e accompagnano il personaggio nelle pieghe di un’indagine maldestramente condotta, in un’incantevole charmante perfida città emiliana, dai gloriosi trascorsi anti-fascisti. Quasi dimenticavo…Il mio commissario ha un modello vivente, che nulla ha a che vedere con la Polizia di Stato: il regista Nanni Moretti, che mi ha inconsapevolmente prestato il nome e le nevrosi volte in ironia.

Quale aspetto privilegi nella tua scrittura: i personaggi, la trama, lo stile…

Mi verrebbe da rispondere lo stile, perché le storie che racconto muovono sempre (anche) da una motivazione linguistica “forte” (si veda ad esempio La peggior cosa è la speranza, nell’antologia Donne e crimine, Frilli, 2008, dove ho cercato un accento alla Nori, autore conterraneo che amo molto). I personaggi, tuttavia, rappresentano il fulcro e la genesi stessa dell’azione, dato che non scrivo a partire da una scaletta, ma mi lascio guidare dai personaggi stessi, sicché neppure io so perfettamente come andrà a finire…So che il procedimento è poco ortodosso, ma mi consente di essere la prima lettrice di me stessa e di trarre il maggior divertimento possibile dal fluire della scrittura. E quando l’autore si diverte, è molto probabile che anche il lettore ne godrà alla grande.

Come mai hai scelto di scrivere thriller? E, soprattutto, da dove nasce la tua vena umoristica?

Ho idea che nei giallisti o noiristi puri, cioè scrittori che non siano occasionali frequentatori del genere più fortunato e vitale del momento, ci sia una forma mentis patologica, un grumo oscuro che si lascia attrarre dal delitto e dalla scossa di adrenalina del pericolo.

Sono stata, lo confesso, una lettrice seriale di Agatha Christie all’età di 14 anni e non mi perdo nessuna ricostruzione televisiva di delitti efferati. Anche le più trash, con annesso plastico e criminologo in calzamaglia nera. Nella mia storia personale, di cui per ora sono molto gelosa, si potrebbero trovare spiegazioni al fenomeno. La vena umoristica ha contribuito a tenermi in vita, direi. E’ il mio modo di arrampicarmi sugli specchi di esperienze tutt’altro che divertenti. Tant’è che non ho mai perso la voglia di ridere e far ridere.

Come lettrice, quali sono gli autori che ami? Quali scrittori ti hanno influenzata?

Alcuni autori ho già citato nelle risposte precedenti. Per il giallo-noir contemporaneo, amo specialmente (se non esclusivamente) gli autori italiani, a partire dalla scuola bolognese per arrivare al parmigiano Varesi e al genovese Bruno Morchio, per cui ho una vera passione. Quanto alle influenze, sono stata allieva di una storica scuola di scrittura creativa a Bologna (La Nuova Eloisa di Carlo Paris), dove insegnavano, tra gli altri (Celati e Scalise, per esempio), anche Macchiavelli e Cacucci. La vena politica di giallista di sinistra deve molto alle frequentazioni di quegli anni, compreso l’allora emergente Carlo Lucarelli. Quanto all’ironia, ho trovato compagne di penna nel bel gruppo di poetesse ironiche guidate da Alessandra Berardi, sempre a Bologna. Ci sono poi tanti autori non di genere che affollano la mia biblioteca: su tutti, i grandi contaminatori di stili e registri come James Joyce e Carlo Emilio Gadda, conosciuti anche grazie alle lezioni dell’Italianista Ezio Raimondi, un vero maestro di metodo.

Svelaci qualcosa dei tuoi progetti futuri.

I miei progetti? Preferisco parlare di desideri. Vorrei ultimare il nuovo romanzo, che tanto mi diverte e sgomenta nello stesso tempo. Vorrei iniziare un ulteriore testo narrativo, dove scoprire almeno in parte le mie disavventure picaresche. Vorrei ubriacarmi di birra col divino Andrea G. Pinketts e pubblicare una plaquette di poesie ironiche, magari sotto pseudonimo.

Vorrei ripubblicare La volpe e la luna e scrivere una storia anarchica dei misteri d’Italia. Quest’ultima cosa, non prima di aver superato gli ottant’anni…