E' in libreria ormai da diverse settimane il romanzo Bruja, ultima creazione della solida coppia di autori costituita da Maurizio Lanteri e Lilli Luini, al loro quarto romanzo scritto a quattro mani.
Le vicende narrate in "Bruja" si snodano attraverso diversi contesti temporali. La vita di due donne che portano lo stesso nome, infatti, si intreccia tra passato e presente: Consuelo la collaborazionista e Consuelo la giovane escort.
Tra loro, due uomini: un famoso cronista scomparso e JB, un aspirante giornalista di provincia che naviga a vista in un caso troppo complicato.
In comune hanno un segreto che parte da lontano per arrivare ai giorni nostri. Bugie, corruzione, sfruttamento, appalti truccati, antiche vendette. Sullo sfondo Genova, la Riviera ligure, splendidi paesini dell’entroterra, atmosfere fuori dal tempo e scomodi ricordi.
Ne parliamo con gli autori...
Partiamo dal titolo, “Brüja”… Perché proprio questa parola?
"Brüja" significa "Brucia" in dialetto ligure. L'abbiamo scelta anche perché ricorda lo spagnolo Bruja, che sta invece per strega. La Liguria e le streghe, vere e presunte, sono alla base della nostra storia.
Come è nata l’idea di scrivere questo romanzo? Se non sbaglio, c’era stato già un vostro racconto che potrebbe essere considerato il nucleo iniziale di una parte della storia…
Il racconto a cui alludi ha vinto il concorso “Triora terra di streghe” del 2005 ed è sempre rimasto nei nostri pensieri. C’era la sensazione che quella storia non fosse finita lì, che nascondesse altro. Nel 2008, ne abbiamo riparlato. E improvvisamente, come sempre capita, è saltata fuori l’idea giusta, quella da cui partire.
La storia pone a confronto le vicende di due donne con lo stesso nome, Consuelo, unite da un legame che trascende il tempo. La prima è protagonista e vittima al tempo stesso di una storia dura del periodo resistenziale, l’altra è una giovane escort che si trova invischiata in una vicenda più grande di lei ed è segnata da un rapporto tormentato col padre. Come mai la scelta di due contesti così distanti?
Non è stata una scelta fatta a tavolino. La storia è venuta da sé. La vicenda del passato irrompe nella vita della Consuelo di oggi, sotto forma di una faida familiare che lei non ha alcuna informazione per comprendere. Raccogliere notizie e dipanare la matassa diventa l'unico modo per salvarsi la vita.
Quanto sono assimilabili a moderne “streghe” queste due donne dal carattere indipendente e volitivo?
La Consuelo degli anni '40 è libera da ogni legame. Sarebbe stata considerata semplicemente una donna di malaffare, se non fosse che era esperta in medicine naturali. Da qui a essere considerata una strega, il passo è brevissimo. Le streghe, del resto, hanno sempre avuto questa caratteristica, di essere donne fuori dagli schemi obbligati.
La Consuelo di oggi, invece crede di essere indipendente e volitiva, ma in realtà è una ragazza danneggiata da un vissuto familiare complicato. Non ha valori certi, non ha un posto che senta suo, e di certo non ha la libertà interiore della sua omonima.
C'è poi una terza strega, più occulta. Nelle vesti di una centenaria socialmente altolocata, ma dal cuore nero.
L’altra voce narrante è quella di Jacopo Bignone, alias JB, il giornalista che si ritrova ad aiutare Consuelo prima per caso, poi per amore. È un po’ il prototipo del maschio dell’ultima generazione, con le sue insicurezze, le sue fragilità, ma anche la sua sensibilità e la sua forza. Come è nato questo personaggio?
Conosciamo diverse persone così e, a poco a poco, ci siamo resi conto che non si trattava solo di qualche nostro amico. Abbiamo cominciato a parlarne ed è saltato fuori Jacopo. Ci è piaciuto, ci è sembrato un personaggio attuale. E per "testarlo" sul campo lo abbiamo messo in una situazione complicata.
La Liguria che descrivete voi è principalmente (ma non solo) quella dell’estremo Ponente. Pensando a quei luoghi, ritornano alla mente le pagine indimenticabili di Biamonti, Orengo, Magliani… Come si presenta la Liguria agli occhi di uno scrittore noir? Quali spunti narrativi offre?
Straordinari, proprio perché d’acchito sembra un mondo patinato, e in realtà cela in seno cancri quali gli abusi edilizi, lo sfruttamento dell’immigrazione (basti pensare alla piana di Albenga, il cui tessuto economico è agricolo e stagionale), il passaggio della cocaina diretta al nord… [è ed è stata anche luogo di confino per importanti malavitosi]. E poi ci sono le montagne, sconosciute a chi vede la Liguria solo come terra di mare. Montagne che nulla hanno a che vedere con le vetrine turistiche, in cui si nascondono realtà emarginate e marginali, che si nutrono di solitudini. In certi posti, il mondo sembra davvero lontanissimo e questo può innescare meccanismi che conducono al crimine.
La storia raccontata in questo romanzo tocca alcune tematiche di attualità, incastrandole tra loro alla perfezione, senza mai appesantire la narrazione e stimolando la curiosità del lettore. Passiamo dalla speculazione edilizia alle nuove frontiere del fenomeno della prostituzione, dalle pagine oscure della Resistenza ai rapporti conflittuali tra le diverse generazioni. Quanto è stato difficile gestire una trama così complessa? Avete dovuto documentarvi su qualcosa in particolare? In che modo?
Questo romanzo è il frutto di un lavoro di due anni. Abbiamo letto decine e decine di documenti sugli anni di piombo in Liguria, sugli scandali edilizi, per non parlare della guerra partigiana sulle montagne di Viozene e Upega. Abbiamo girovagato per i luoghi del romanzo, prima ancora di cominciare a scrivere. Riguardo alla prostituzione d’alto bordo, come spesso ci capita, abbiamo precorso i tempi, curiosando in un mondo che allora, nel 2008, era sconosciuto ai più e che oggi è saltato alla ribalta della cronaca. Riguardo agli scontri fra generazioni, è un corso e ricorso della storia che ci ha sempre affascinato.
Il giallo, o il noir, secondo voi ha davvero sostituito il “romanzo sociale” o mantiene come primaria tutt’altro tipo di finalità? Perché avete scelto di scrivere romanzi noir? Quali sono, secondo voi, le prospettive del genere?
Noi scriviamo noir perché amiamo raccontare delle storie che esplorano quei territori di confine che stanno tra la legalità e l’illegalità, che caratterizzano la nostra epoca. Mettendo una persona normale in una situazione straordinaria, poi, ci consente di entrare a fondo nell’animo umano e guardarne le possibilità, altra cosa che ci intriga molto. Tutto questo porta a raccontare una storia che inchiodi alla sedia chi la legge: se poi, questa storia riesce anche a dare degli spunti di riflessione, a fare dei paragoni con il mondo reale e a comprenderne qualche virgola … beh, sarebbe il massimo.
Com’è l’esperienza di scrittura a quattro mani? Come è nata questa “società”, che tra l’altro ha dato già diversi buoni frutti, e come vi organizzate per la vostra attività? Considerato che, tra l’altro, vivete piuttosto distanti…
Bellissima. Significa costruire insieme personaggi e vicende, condividerle per tutta la stesura. Hai presente, quando si sta scrivendo e si è entusiasti, quella voglia di parlarne a qualcuno? Ecco, noi abbiamo superato il problema. Ci divertiamo moltissimo, e ci scontriamo molto meno di quello che si potrebbe credere. Ci editiamo a vicenda, togliendo in tal modo certi vizi onanistici della scrittura. Riguardo ai tempi, uno scrive al mattino e l’altro alla sera, abbiamo la fortuna di orari di lavoro differenti. La trama nasce al telefono, in genere, lunghe chiacchierate in cui saltano fuori spunti inaspettati.
Dite due pregi e due difetti del vostro compagno di scrittura…
Lilli: Maurizio ha un’intelligenza estremamente brillante ed è una delle persone da cui ho avuto maggior rispetto in vita mia. I difetti: è molto perfezionista e a volte gli parlo, lui dice “ah ah… sì sì” ma non sta ascoltando.
Maurizio: Lilli non ha difetti, solo pregi. E il pregio maggiore è sopportarmi.
Qualche anticipazione sui vostri futuri progetti?
Un nuovo romanzo, protagonisti ancora Jacopo Bignone e Consuelo Salini. Non eravamo molto propensi al seriale, ma questi due personaggi ci sono entrati nel cuore e hanno ancora molto da raccontare. E gli editori ci hanno fatto intendere che i lettori amano ritrovarsi sulle pagine amici già conosciuti, da un anno all’altro.
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