Un ultimo sguardo e Franco affondò la lama. Isabella avvertì la lama reciderle le vene dei polsi e il liquido caldo scivolarle sulla mano. Le aveva tagliato i polsi. Isabella urlava e si dimenava così tanto che la sedia strisciava sul pavimento. Franco si alzò, lanciò con la mano un bacio alla sua ex, pulì accuratamente il coltello e andò via. Isabella scalciava e urlava, piangeva e si divincolava impazzita dal terrore, mentre la vita le scivolava lentamente via.
La trovarono due giorni dopo. Era legata ad una sedia, il polso della mano destra reciso e nel viso l’espressione terrorizzata di chi è consapevole dell’imminenza della propria morte.
Una sola settimana. Era stata sufficiente una sola settimana per cancellare dalla mente di Franco il ricordo di Isabella e il suo vile tradimento. Dopotutto, giustizia era stata fatta quindi perché pensarci ancora?!
La ragazza gli sbarrò la strada un attimo prima che Franco potesse entrare nel portone di casa.
“Tu sei Franco, vero? Il ragazzo di Isabella?”.
Lui la guardò annuendo scocciato. Era un'altra di quelle piagnucolose delle sue amiche desiderosa di manifestargli il suo dolore per la scomparsa della ragazza. La ragazza sorrise ed emise un sospiro di sollievo.
“Meno male che ti ho trovato. Pensavo di non riuscirci più ormai. Mi dispiace farti una richiesta del genere proprio adesso ma avrei bisogno di un libro che le avevo prestato e che purtroppo non ha potuto ridarmi”.
“Non so di quale libro tu stia parlando, mi spiace”, rispose Franco cercando di entrare nel portone.
Lei lo bloccò di nuovo. Gli descrisse la copertina e gli disse che era certa che l’avesse ancora Isabella. Era morta prima di poterglielo ridare. Dalla descrizione della copertina Franco comprese di quale libro si stava parlando ma informò la ragazza che quello era di Isabella, non le era stato prestato.
“Guarda che quel libro è proprio il mio. Mostramelo e te ne darò la prova”.
Franco la fece salire e le mostrò il libro.
“E’ proprio il mio libro, guarda, ci sono anche le mie iniziali”, disse la ragazza mostrandogli la copertina.
I.C.
Il sorriso della ragazza innervosì Franco, il quale non trovava nulla di divertente in quella grottesca situazione.
“I.C. sono le iniziali del nome di Isabella Cortesi. Contenta? Ora puoi andare se vuoi”, la invitò Franco indicando la porta alle loro spalle.
“Non sei il primo a cadere in questo disguido”, lo consolò la ragazza, “infatti io e Isabella abbiamo le stesse iniziali. Io mi chiamo Ileana Candelieri” e gli mostrò le iniziali sulla copertina del libro.
I.C.
Franco sentì il sangue gelarsi nelle vene e una penetrante e agghiacciante sensazione di paura gli attanagliò lo stomaco. La ragazza lo vide impallidire e vacillare e lo aiutò a sedersi. Franco guardò il libro, negli occhi la luccicante consapevolezza della verità. Fissava le due iniziali.
Davvero quel libro non era di Isabella? Ma allora…
Ileana gli spiegò che Isabella le aveva chiesto quel libro per una ricerca che aveva da svolgere. Non aveva potuto riprenderlo così Ileana aveva chiesto a Luigi, un compagno di corso di Isabella, di prenderlo per lei. Ma poi Luigi non aveva potuto consegnare il libro a Ilena perché in quel momento lei era fuori città così lo aveva restituito a Isabella. Quando si sentirono, le due amiche si accordarono per incontrarsi in un locale e magari mangiare qualcosa insieme. Ma quando Isabella si era recata all’appuntamento non aveva il libro con sé perché disse di averlo dimenticato da qualche parte ma non ricordava dove. Nel locale Isabella incontrò Luigi e con lui cercò di ricordare dove aveva potuto dimenticare il libro. Alla fine ricordò di averlo lasciato a casa di Franco e assicurò Ileana che se lo sarebbe fatto restituire il giorno dopo. Ma purtroppo non riuscì a mantenere la promessa.
Franco si sentì soffocare, stretto nella morsa della paura, dell’orrore e del rimpianto. Isabella aveva ragione. Il libro non era suo. La lettera che Franco vi aveva trovato all’interno non era indirizzata a lei: quella sorta di dichiarazione d’amore era per Ileana.
Franco aveva frainteso tutto, vedendo il male dove non c’era mai stato. Isabella non gli aveva mentito, lei l’amava davvero e lui l’aveva uccisa.
Lasciò che la ragazza riprendesse il suo libro e andasse via.
Rimasto solo vagò per casa, con il cuore che gli pulsava nel petto a ritmo vertiginoso. Il suo cervello affranto gli riproponeva gli ultimi istanti di vita di Isabella. Su quelle immagini decise cosa avrebbe fatto. Si avvicinò alla scrivania, prese un foglio e scrisse poche righe. La spiegazione del suo gesto e della morte di Isabella. In bagno, dal cassetto sotto lo specchio, prese delle lamette da barba. Andò in camera e si distese sul letto, avvicinando le lame al polso sinistro. Una leggera pressione e la sentì affondare nella carne, recidendogli le vene.
Chiuse gli occhi e attese il momento in cui avrebbe rivisto la sua Isabella. Doveva chiederle perdono.
Era giusto!
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