Georges Simenon ha scritto un giallo che risulta spiazzante. Si tratta de Gli Intrusi del 1939.
Eppure la “location “ è idonea al plot e al genere: il cadavere appare, per così dire, durante una piovosa sera di ottobre e in una quieta cittadina della provincia francese. La narrazione si apre tra le mura e le abitudini solitarie di un avvocato di grido, tale Hector Lousart di quarantotto anni. Un uomo che vive solo, solo sebbene in compagnia della figlia. Il professionista non ha amici. Circa a metà dell’opera il lettore apprende dell’esistenza di un evento che ha mutato la sua vita: è stato abbandonato dalla moglie diciotto anni prima. Isolato, non esce più dalla sua grande, troppo grande casa, le cui molte stanze non sono più state usate da allora, ossia da quando Genevieve, dopo tre anni di vita insieme, è fuggita con l’amante.
Voci di popolo danno quella relazione antecedente al matrimonio, ma questo dettaglio non ha importanza ai fini della nostra analisi. Dicevamo che Gli intrusi è un romanzo destabilizzante.
Simenon ci ha abituati alla presenza rassicurante del commissario Maigret. Leggendo quest’opera ce ne sentiamo un po’ orfani. Ma lo scrittore francese è una penna di tale efficacia che riesce a coinvolgerci ugualmente. Il protagonista e sua figlia, in quella casa dall’atmosfera stagnante, non si rivolgono nemmeno la parola. L’avvocato vive praticamente rintanato, e la sua esistenza giace in prevalenza nello studio ingombrato dai libri. Sua compagna è una buona bottiglia di bourgogne, anzi buone bottiglie visto che è bevitore abituale e la sua cantina è ben fornita.
In quest’atmosfera di silenzio ed indifferenza affettiva entra un altro evento a rompere l’equilibrio creatosi. Stavolta è un cadavere. L’evento è preceduto da uno sparo, un rumore nuovo e dirompente in quella quotidianità insolita.
Quel suono squarcia il silenzio della notte, costringendo il protagonista ad uscire dal suo guscio in tutti i sensi. Figlia e padre iniziano seppure lentamente ad interagire.
In casa sua l’avvocato ha scoperto un morto. La sua vita è scossa da quell’accadimento apparentemente straordinario, ma che cela un significato. L’esilio è finito. Comincia la vita vera grazie ad esso: una morte che riporta alla vita. E quella enorme casa si scoprirà popolata da presenze estranee, appunto da intrusi.
Di scoperta in scoperta si arriva facilmente all’epilogo. Null’altro aggiungiamo tranne il consiglio di leggere questo romanzo che spiazza e, forse per questo, induce una riflessione importante.
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