Con il commissario Melis…
Un posto sbagliato per morire di Hans Tuzzi, Bollati-Boringhieri 2011.
Già conosciuto Hans Tuzzi come scrittore colto e raffinato e l’ho ritrovato volentieri in questa prova che parte dal 30 settembre 1981 e termina il 3 ottobre dello stesso anno a Milano. Tre colpi di pistola e l’architetto Manrico Barbarani è stesso a terra, alleggerito di un portafoglio e di un orologio, “un cronometro Zenith quadrato in oro giallo e cinturino di coccodrillo marrone” di notevole valore in una delle più squallide periferie della città. Due ex mogli, un figlio, una discreta passione per l’alpinismo ma, soprattutto, per le donne, un socio in affari.
Indaga il commissario Melis con la sua bella pipa di radica insieme alla provetta squadra: Ferrini, Giovannini, Iurilli, Santanicchia, Aiuto, Vitelli, Lambiase (e ne avrò saltati qualcuno). Compagna di vita Fiorenza, socia di una casa editrice e il cane terrier Kim, parco nel mangiare gli basta un toast con birra, affettati e formaggi. Un commissario delle atmosfere e delle psicologie, del lavoro metodico e della routine “anche le intuizioni geniali, si disse, germinano dalla routine”, che non ama troppo i “giallisti inventori di improbabili investigatori in monocolo o berretto da caccia alle anatre”.
Le indagini si svolgono tra aste di libri, architetti, politici, collezionisti, con qualche figura scontata, vedi il questore Maccacaro (“sia inflessibile ma avveduto”) che tiene alla carriera. Non mancano momenti di sconforto “Era scontento. Scontento di sé, di come andava l’indagine” e di tormento per il piccolo Duccio, figlio di Manrico, trascurato dalla madre.
Una narrazione leggera e compita, veloci spostamenti da un personaggio all’altro, un volteggiare sinuoso e delicato fra le parole, canzoni, ricordi personali che sorgono spontanei e si intrecciano al caso, amori passati e presenti, Cristina, Fiorenza, il babbo, la voce che trema, il volo di un piccione o di una cornacchia a ricordarci della vita che scorre. E su tutti il bambino. Quel povero bambino.
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