C’è il cadavere di una donna uccisa in modo violento; c’è un sergente disilluso e dal cuore duro che indaga; c’è una scena del delitto con tracce da seguire. Un classico del genere, insomma, se non fosse per un elemento che di solito non si trova in questo tipo di storie poliziesche: un libro di poesie insanguinato.
Il sergente Lloyd Hopkins, studiando la camera da letto dov’è stata ritrovata barbaramente uccisa Julia Lynn Niemeyer, si imbatte in «una grande brossura intitolata “La furia in seno: Antologia di prosa femminista”. «Aprì alla pagina dell’indice, e si sentì mancare quando vide delle macchie brune sulla copertina interna. Continuando a sfogliare il libro, trovò le pagine incollate di sangue raggrumato e sbavature insanguinate che si affievolivano a mano a mano che arrivava alla fine del libro. Quando arrivò alla quarta di copertina patinata, diede un ansito. C’erano due impronte digitali parziali sanguinolente, nettamente delineate sulla carta bianca. Indice e mignolo, quanto bastava per fare un controllo».
Il brano è tratto dal romanzo “Le strade dell’innocenza” (Blood on the Moon, 1984) dello scrittore statunitense James Ellroy, di certo poco interessato agli pseudobiblia ma che ha condito la sua storia cupa con un libro di poesie davvero particolare. Malgrado non abbia molta importanza ai fini della storia, è proprio “La furia del seno” che spinge il sergente Hopkins sulla pista della poesia («Sulla scena del delitto ho trovato un libro, “La furia in seno”. Sono sicuro che l’assassino si interessi di poesia, forse di poesia femminista in particolare. È per questo che sono qui»): chiederà infatti aiuto a Kathleen McCarthy, poetessa ma anche femminista d’assalto e curatrice di una libreria specializzata nell’argomento. Sarà lei, più che lo pseudobiblion a risolvere l’enigma di un impressionante numero di donne uccise e un serial killer che da anni sfugge alla giustizia.
«“Furia nell’utero” è un libro arrabbiato - spiega la McCarthy, - è una polemica, una denuncia contro varie situazioni. La violenza che colpisce le donne, in modo particolare. Non ne ho mai venduto una copia ad un uomo. Per la verità io credo che qua dentro non sia mai entrato un uomo sulla trentina. Mai.»
La “furia” di questo pseudobiblion - che sia in seno o nell’utero - è ben poca cosa: è solo un indizio in una storia gialla, una pista da seguire... Sarebbe diverso se fosse il libro in sé ad uccidere, come è invece il prossimo titolo..
Lo scrittore statunitense Chuck Palahniuk non dà l’idea di voler far parte del grande gioco degli pseudobiblia: come sempre le apparenze ingannano, visto che invece nel suo “Ninna nanna” (Lullaby, 2002) regala ai lettori un terribile libro di poesie... che uccidono!
Poi arriva il secondo caso di neonato morto. «Sul mobile accanto al lavandino c’era un libro della biblioteca. “Poesie e filastrocche di tutto il mondo” [...] aperto a pagina 27. E io ci ho fatto un segnetto a margine con la matita». Si arriva al quarto e al quinto caso, e l’unica costante è che «c’è il libro “Poesie e filastrocche”... Aperto a pagina 27. Ed è lo stesso libro della biblioteca su cui ho fatto il segno a matita». Comincia ad essere troppo strana per essere una coincidenza: sul luogo di morte di ogni bambino è stato trovato lo “stesso” libro aperto alla “stessa” pagina...
«Il libro lo definisce un “canto della dolce morte”. In certe culture lo si canta ai bambini in tempo di carestia o siccità, quando la tribù diventa troppo numerosa per le risorse a disposizione. Lo si canta ai guerrieri feriti gravemente in battaglia e alla gente colpita da malattie, a tutti coloro per cui la morte non può che essere un sollievo. Per porre fine alle loro pene. È una ninna nanna».
Si capisce bene che è un libro molto pericoloso. Ne è convinta Helen Hoover Boyle, e difatti ha comprato dalla casa editrice addirittura le lastre di stampa del libro, e da tre anni sta cercando ogni copia esistente per bruciarla, ma ne mancano ancora almeno duecento: duecento copie in giro di un libro capace di uccidere!
Fra i testi che Frankie ha assemblato, però, ci sono anche degli estratti da alcuni grimoire, antichi testi che contengono istruzioni per incantesimi, più o meno pericolosi, e quindi forse non è il caso di bruciare proprio tutte le copie delle “Poesie e filastrocche di tutto il mondo”...
Fino alla fine il lettore prova il malsano e morboso desiderio di poter leggere la “poesia che uccide”, ma Palahniuk lo delude: questa non viene svelata, e forse è un bene... vista la fine che subisce chi la legge!
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID