Agatha Raisin e la quiche letale di M.C. Beaton, astoria 2011.
Agatha Raisin se ne sta andando in pensione prima del tempo da una società di pubbliche relazioni. “Cinquantatre anni, capelli di un castano scialbo, un viso squadrato e insignificante, corporatura tozza” con “le gambe sorprendentemente belle”. Aggiungo “Matrimonio sciagurato” con un alcolista (anche mamma e papà ubriaconi), acquisto di un cottage nel Cotswolds dove ci sono “villaggi pittoreschi di case di pietra dorate, giardini graziosi, viottoli tortuosi affogati nel verde e chiese antiche” per l’ultima parte della sua vita. E poi attiva, dinamica, testarda, con una discreta predisposizione al gin (famiglia docet), fuma e le da fastidio chi tossisce al suo fumo (mi pare giusto).
In breve. Al paese grande concorso di quiche (ho scoperto solo ora che si tratta di una torta salata). Deve vincere per entrare nella grazia dei paesani che un po’ la snobbano e per esserne sicura la compra bell’e fatta a Londra. Il giudice Cumming’s Browne muore dopo averla assaggiata e dunque la nostra signora entra nel novero dei sospetti. Che non sono pochi, dato l’estrema simpatia del nostro giudice per l’altro sesso (doveva pure divorziare e risposarsi).
Agatha indaga, mette il naso dappertutto, è pure sotto pericolo di morte, un biglietto di minacce, un tentativo di assassinio, viaggi in qua e là, rumori, lotta, incendio, riflessioni sulle donne mascolinizzate e gli uomini effeminati (tanto per dirne una).
Una lungagnata, una storia arzigogolata e nel contempo banalotta, che sfugge via attraverso il solito linguaggio leggerino leggerino. Alla fine della storia il primo capitolo del prossimo libro. Che lascerò sugli scaffali.
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