Sfida al lettore… 

L’alibi di Scotland Yard di Don Betteridge, Polillo 2011.

Se il buon dì si vede dal mattino, un buon romanzo si vede (anche) dall’incipit. E se l’incipit è “Subito dopo aver ucciso Monckam, andai direttamente a Scotland Yard. Mi sembrava il posto migliore per crearmi un alibi”, allora si prospetta davvero un buon romanzo. Da fregarsi le mani.  Però, oddio, basta vedere chi entra a Scotland Yard, per sapere chi è l’assassino. Solo che a Scotland Yard ci entrano in parecchi…

Siamo nella Londra del 1936, la vittima è Francis Moncham, un ricattatore di professione ucciso nella sua stanza con una pallottola nel cuore. Il cadavere è stato scoperto dalla moglie del portiere del palazzo, impronte femminili sulla maniglia della porta, impronta sulla finestra dalla parte esterna del ladro Podger Smith (dunque possibile indiziato). Subito sospettati i ricattati come Lumley, ex carcerato che lavora nella polizia (ingaggia a difenderlo il capitano Peter Darrell, investigatore dilettante), Peter Moffatson, Peter ed Elaine Rutland. Svolgono le indagini il sovrintendente Aliston e l’ispettore Duncan “una persona amabile, piena di tatto, arguta e dalla pazienza illimitata”, studioso di psicologia e amante della letteratura poliziesca. Tra l’altro cita un sacco di detective: Sherlock Holmes, Sexton Blake, Lord Peter wimsey, dottor Thorndyke, Hercule Poirot, ispettore French, il sovrintendente Wilson (l’autore ci tiene a farci sapere che non è un novellino). Sotto di lui il sergente Newcombe.

Una storia basata molto sulla ricostruzione meticolosa dell’alibi ma anche movimentata con Duncan costretto ad andare  a Parigi, poi ad Andorra dove scampa ad un pericolo (con ferita) lungo i monti, flash back ripetuti, un colpo, colpissimo, di scena finale.

In prima persona le vicende dell’assassino e in terza gli altri eventi, un po’ di lungagnate, ritmo talora affaticato, spunti di critica ai “soliti” romanzi polizieschi piuttosto inverosimili. Insomma qualche pagina di troppo, ma un grazie alla Polillo glielo mandiamo lo stesso.