Dove in Romanzo Criminale Michele Placido aggiungeva e moltiplicava (la “banda della Magliana” nel senso più ampio ed evoluto del termine “banda”…), in Vallanzasca – Gli angeli del male sfronda, asciuga, rinsecchisce, declina al singolare quello che il titolo annuncia al plurale. Gli angeli del titolo diventano così uno e uno soltanto, Vallanzasca cioè, un Kim Rossi Stuart certo inattaccabile quanto a bravura, ma al tempo stesso talmente “troppo” sopra le righe da lasciarsi dietro più di qualche dubbio sulla resa finale del personaggio e su chi lo ha, evidentemente, voluto così.

Il film, si sarà iniziato ad intuire, non convince neanche un po’ e di sicuro rappresenta un bel passo indietro rispetto a Romanzo…. Troppo spezzettato, a tratti agiografico (forse in modo involontario ma lo è…). Rapine, amplessi, minacce, regolamenti di conti, si susseguono, ma il tutto difficilmente raggiunge uno status cinematografico in senso pieno rimanendo dalla parti del paratelevisivo (per quanto di ottimo livello quanto a fotografia e ricostruzione d’epoca). Per farsene un’idea è sufficiente notare la banalità degli scontri a fuoco, degli inseguimenti, delle esecuzioni dentro e fuori delle carceri, insomma, di tutto ciò attraverso il quale transita se non proprio tutto gran parte della riuscita di film siffatti. Si usa il coltello? Ai voglia se si usa, eppure ci fosse una sola volta che Placido mostri la lama che squarcia la carne come se la violenza fosse cosa che nonostante la storia fosse cosa da relegare nel fuori campo.

Un altro film così e anche Placido potrà fregiarsi della famosa allocuzione “Michele chi?”.

Trascurabile.