Durante questo speciale sui Falsi Vangeli abbiamo visto che la fantasia degli scrittori non ha avuto problema ad attribuire un vangelo inedito un po’ a tutti: a uomini come Giuda, a donne come Maria Maddalena, a messia come Gesù e ad entità maligne come Satana. Abbiamo conosciuto testimoni oculari più o meno affidabili e sentito le loro dichiarazioni totalmente discordanti; ognuno ha portato acqua al proprio mulino testimoniando qualcosa che andasse a proprio vantaggio: cosa c’è di più umano?
Ma un Vangelo è anche qualcosa di divino: tutti gli autori si sono sforzati di togliere ogni briciolo di divinità dai propri falsi vangeli. Possibile che non sia esistito un solo autore talmente pazzo da immaginare un Falso Vangelo ispirato da Dio? (Come, per i credenti, lo sono i quattro canonici) Chi mai compirà l’eresia delle eresie? Chi diventerà un eresiarca?
Inutile andare avanti con domande enfatiche: si è capito che stiamo parlando del racconto “L’Eresiarca”, raccolto nell’antologia del 1910 “L’Eresiarca & C.” (L’Hérésiarque et Cie) di Wilhelm Albert Wlodzimierz Apollinary de Wąż-Kostrowicky, poeta franco-polacco che visse la sua breve vita a cavallo fra Otto e Novecento e che scelse di nascondere il suo nome impegnativo dietro il più accessibile pseudonimo di Guillaume Apollinaire. In Italia questo testo ha conosciuto ben poca attenzione: si conosce infatti soltanto la versione di Franco Montesanti per la Guanda (1987), ripresa dall’edizione più conosciuta della Garzanti (1998), a cui si fa riferimento per le citazioni qui riportate.
In questo racconto si narrano le vicende del reverendo Benedetto Orfei, «teologo e gastronomo, devoto e ghiottone. Era in ottimi rapporti con la corte pontificia e, non fosse stato per gli atti che fece dopo, oggi sarebbe cardinale, ovverosia papabile».
Così ce lo descrive l’autore, e gli “atti che fece dopo” sono rappresentati da quella che nel racconto viene presentata come un’eresia bella e buona: l’eresia delle Tre Vite.
Orfei, infatti, in un sogno ha avuto una “illuminazione”, una rivelazione: era appena addormentato quando una voce venne «a cantare nel mio spirito una frase che ha preso la forma di un ritornello popolare: “C’erano tre uomini / sul Golgota, / come nel cielo / stanno in Trinità”».
Questa è l’eresia di Orfei: considerare i due ladroni crocefissi accanto a Gesù come Dio e lo Spirito Santo! Una trinità sulla croce, una trinità in Cielo...
Ovviamente la Chiesa non reagisce bene alle tesi del reverendo, considerandolo né più né meno come i tanti che nel corso dei secoli si sono messi a capo di un’eresia propria: un eresiarca, appunto. Orfei non si scompone: decide lo scisma, si separa dalla chiesa ufficiale e ne fondando una tutta sua!
Questa nuova dottrina però va supportata da testi sacri, ed ecco che il reverendo dà alle stampe un testo dal titolo «L’autentico Vangelo, di Benedetto Orfei, tradotto in lingua volgare, contenente la vita di Dio Padre, primo dei due vangeli paralleli o vangeli canonici.» Questo, che è sicuramente il più apocrifo dei vangeli, il Vangelo di Dio, afferma di essere il testo che racconta la vita di Dio stesso, la quale termina sulla croce accanto a Gesù.
Consequenzialmente, tocca anche al terzo crocefisso. «L’anno seguente Benedetto Orfei fece uscire il secondo vangelo parallelo ai vangeli canonici o Vangelo dello Spirito Santo. Come quella di Dio Padre la sua vita era poco conosciuta. Ma mentre del Padre Eterno non si conosceva che la morte, si sapeva dello Spirito Santo che aveva un giorno violentato una vergine addormentata. Questo stupro rappresentava l’opera dello Spirito Santo da cui era nato Gesù. Si insisteva quindi sulle parole pronunciate sulla croce, poi, dal momento in cui i soldati spezzavano le gambe dei due ladroni, si faceva il mistero.» Neanche a dirlo, entrambi sono introvabili in quanto considerati eretici dalla Chiesa e quindi hanno condiviso il destino di molti pseudobiblia: il fuoco...
Apollinaire, a fine racconto, ci tranquillizza: «L’eresia delle Tre Vite non si diffuse. Benedetto Orfei morì alle soglie del secolo. I suoi pochi discepoli si dispersero, ed è probabile che l’insegnamento dell’eresiarca sia stato vano, che non ne verrà fuori niente e che nessuno penserà di riprenderlo. [...] La verità è che l’eresiarca era come tutti gli uomini, perché sono tutti allo stesso tempo peccatori e santi, quando non sono criminali e martiri.»
Come si vede, più che il divino ad Apollinaire interessa l’umano: un’umanità che non esce certo bene dal commento finale. Chissà, forse questi due Falsi Vangeli avrebbero potuto salvarla...
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