La seconda parte de I misteri della Giungla nera comincia dopo un certo lasso di tempo dalla drammatica conclusione dei ‘Misteri delle Sunderbunds’. Abbiamo lasciato Tremal Naik e Kammamuri sopraffatti nei sotterranei della pagoda d’oriente. Virtualmente la vicenda sarebbe potuta terminare così. Un’avventura dai toni cupi, vagamente horror, come mi faceva notare l’ultima volta Michele Tetro, una disperata lotta generata dall’amor fou del Cacciatore di Serpenti per la Vergine della Pagoda, terminata in un dramma. La potenza malefica degli Strangolatori malgrado ogni atto di coraggio e di valore, riesce a sopraffare l’amore tra l’eroe e la bella.
Ma Suyodhana (quasi un dottor Fu Manchu in versione indiana) ha in serbo un piano ancor più sconvolgente. Nel tempo trascorso Tremal Naik è stato indottrinato ma soprattutto posto di fronte a una scelta. Ciò che non può il fanatismo si raggiunge con promesse e ricatti. Il teatro della vicenda si allarga all’India intera, vediamo Calcutta coni suoi scenari ricostruiti da Salgari con minuziosità per il dettaglio e intelligente scelta delle location. La Compagnia delle Indie Orientali e con essa il governo inglese sono ormai in guerra con gli adoratori di Kali. Non sappiamo quanto della vicenda storica del capitano Sleeman fosse a conoscenza dell’autore. Di sicuro il capitano Mcpaherson in qualche modo ricorda Sleeman. Un tipico garbuglio con i nomi fa sì che, almeno per Tremal Naik (il lettore moderno è sufficientemente scaltro da comprenderlo subito), Ada Corishant rimanga estranea a McPherson. Perciò il cacciatore di serpenti accetta il patto del demoniaco sacerdote di Kali. La vita e la libertà della sua amata in cambio della testa del nemico inglese. E Tremal Naik accetta. Dopotutto è disposto a sacrificare qualsiasi cosa pur di sottrarre Ada dagli artigli dei suoi nemici. Che Suyodhana non abbia alcuna intenzione di mantenere l’impegno anche se il giovane riuscisse a portare a termine la missione è quasi scontato ma, potenza della passione, Tremal Naik non ci pensa neppure. Diventa un thug a tutti gli effetti, un infiltrato nella setta pronto a qualsiasi azione. E la storia da avventura romantica si trasforma in una vicenda d’intrigo, mi piacerebbe poter dire quasi di... spionaggio ante litteram. Perché Tremal Naik prende contatti con i membri del gruppo, aiuta quelli prigionieri, s’infiltra tra i sepoys servendosi di inganni e pozioni come un navigato agente segreto. Questo a dimostrazione che una bella trama intricata funziona in qualsiasi contesto oggi come un tempo e che la Foreing Legion degli autori di spionaggio Italiani può vantare una sana tradizione. È pur vero che in questa fase l’autore sembra padroneggiare meno la materia, ripetendo alcune situazioni(per esempio l’uso della ‘limonata che scioglie la lingua’ due volte a distanza di pochi capitoli pare eccessiva) ma il ritmo è sostenuto. Non scordiamo poi che l’edizione definitiva in volume per Donath del 1903 segue di quasi vent’anni quella originale a puntate e che diversi capitoli furono aggiunti in varie occasioni. Probabilmente qualche piccola svista è rimasta. Il ritmo tuttavia resiste agli anni, la corsa contro il tempo, la rivelazione finale sono ancora elementi avventurosi di tutto rispetto. E rimangono almeno due particolari degni di un grandissimo romanziere.
Il primo è il personaggio di Nimpor il fakiro, agente della setta, sulle rive del Gange. Quando lessi il romanzo da ragazzino mi rimase impresso e con ragione. Il vecchio santone con il braccio anchilosato levato sopra la testa e la mano stretta su un pugno di terra dove è persino germogliata una pianta riesce a trasmettere una sensazione di ambiguità, di repulsione, di male assoluto difficilmente superabile.
E poi c’è quel finale che arriva a ribaltare il lieto fine con la distruzione della setta, il ricongiungimento di Ada e il padre e l’amore trai due giovani.
‘Ci rivedremo nella giungla!’ echeggia nei sotterranei della pagoda la voce di Suyodhana. E improvvisamente l’ordine riportato dai ‘ buoni’ si ritrova assediato, soffocato dalle tenebre, da una foresta impenetrabile della quale gli Strangolatori sono ancorai padroni... chissà se il romanzo doveva aver fine così lasciando all’immaginazione del lettore la scoperta del finale. Ne sapremo di più, ma in seguito dopo che, nel panorama avventuroso di Salgari, sarà spuntato un altro eroe, un altro ciclo che si fonderà con questo regalandoci ancora azione, passioni e avventure. È venuto il tempo di Sandokan e dei pirati della Malesia.
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