Il vostro racconto parte da lontano, 4.6 miliardi di anni fa, e finisce la mattina del 6 aprile 2009. Dal Big Bang al terremoto dell’Aquila. L’avete presa così “alla larga” per misurare le dimensioni dell’uomo nella storia dell’universo? L’impressione è che le dimensioni della nostra specie siano infinitesimali e inversamente proporzionali alla sua capacità di ascoltare la natura.
L'uomo, con la sua arroganza, ha tentato, nel suo lungo cammino terreno, di piegare un pianeta che esiste da tempi ben più remoti. I terremoti costituiscono la sua stessa linfa vitale, consentendogli di rinnovarsi continuamente; agivano prima del suo arrivo e continueranno a farlo fino alla fine dei tempi. L'impressione che invece abbiamo voluto dare è della fragilità della nostra specie, l'unica probabilmente incapace di imparare dai propri errori. Il nostro pianeta non si è mai piegato e mai lo farà.
E cosa, in particolare, avrebbe dovuto suggerire la coscienza agli abitanti dell'Aquila per passare oltre l'abitudine alla convivenza con gli eventi sismici?
Di non fidarsi. E di seguire l'esempio di molti altri aquilani più avveduti che da circa un mese avevano preso l'abitudine di non dormire in casa, ma in auto nei parcheggi pubblici. Proprio come è scritto nel libro. D'altra parte non potevano avere l'abitudine ai terremoti, perché l'evento più disastroso precedente all'attuale risale al 1703 ed i geologi in Italia non servono proprio a niente visto che, nonostante i loro studi sulla elevata pericolosità sismica de L'Aquila, gli aquilani hanno continuato, e continuano, a costruire in zone che dovrebbero essere precluse all'attività edilizia in genere. Purtroppo la nostra penisola offre pochi spazi sicuri e siamo in tanti con tanta fame di territorio. Così succede anche, come vediamo attualmente, che alcune regioni si trovino all'improvviso affogate letteralmente dalle alluvioni, quasi fosse un castigo divino. E tutti gridano all'impossibile divenuto realtà. Uno di noi è geologo e vi possiamo assicurare che per gli studiosi di Scienze della Terra è sempre e solo questione di tempo. Sappiamo come e dove accadrà un disastro. Peccato non essere mai ascoltati, anche quando gridiamo i nostri allarmi e scriviamo i risultati dei nostri studi.
Si può dire che “La notte dell’Aquila” è un j’accuse contro chi avrebbe potuto e dovuto avvertire la popolazione e prepararla all’emergenza?
Non nel senso compiuto dell'accezione. Il libro può invece essere visto come un esempio introspettivo nel quale ognuno può cercare risposte ai propri quesiti, ai propri dubbi. Perché se è vero che "qualcuno" avrebbe dovuto avvisare e preparare la popolazione, quest'ultima avrebbe potuto dare ascolto alla propria coscienza piuttosto che rifugiarsi nelle parole di una classe dirigenziale che deve mediare tra un possibile panico ingiustificato ed una probabile, ma non certa, catastrofe.
Il dibattito sulla prevedibilità del sisma è stato molto acceso e “velenoso”. Vi schierate dalla parte di Giampaolo Giuliani o forse il rigore scientifico impone più prudenza?
Probabilmente è proprio il rigore scientifico che avrebbe dovuto condurre almeno ad una "prova sul campo" dei sistemi di prevedibilità dei terremoti ideati e costruiti da Giuliani. Invece tutto è stato basato solo sull'ipotesi, accettata dalla comunità scientifica, della non prevedibilità dei sismi e qualunque variante al tema viene bollata come eretica. Nel 1905 un giovane fisico, Albert Einstein, pubblicò una nuova teoria nettamente contrastante con le idee scientifiche dell'epoca; ed ebbe ragione!
A parte Einstein, con Giuliani non sarebbe bastato solo un po' di scrupolo? Almeno per chiudere un dibattito che è rimasto insabbiato nella palude del sensazionalismo da "breaking news".
Certo che sarebbe bastato un po' di scrupolo. Ma l'Italia accademica non lascia spazio a chiunque voglia agire al di fuori di un circolo scientifico ristretto.
Speculazione, propaganda e stormi di avvoltoi in volo sulle macerie. Cosa pensate del “dopo sisma”?
Preferiamo non pensare, è qualcosa di troppo grande per noi. Ricostruire significa mettere in moto una macchina talmente complessa che probabilmente sfugge al controllo anche delle persone preposte; con tutte le conseguenze insite nella mancanza del controllo e nell'enorme afflusso di denaro che stimola la cupidigia.
Non credete anche che, in un paese democratico e di fronte a un'emergenza nazionale, il legislatore dovrebbe "affinare" i meccanismi per il controllo sull'attività delle "persone preposte" a risolvere l'emergenza, piuttosto che provare a diminuirli?
Carneade, chi era costui? Perdonate la citazione, ma stiamo parlando di realtà o di utopia? I politici servono a guidarci, è vero. Ma è anche vero che, in tale compito, sono le persone preposte a gestire il potere che si fonda sulla ricchezza. Migliorare i meccanismi di controllo significa limitare tale potere.
Voi che avete vissuto la tragedia da vicino, quale futuro intravedete per la gente dell’Aquila?
La notte del 6 aprile 2009 L'Aquila, e l'uccello che la rappresenta, ha spiccato un volo di non ritorno. Ci vorranno molti anni prima che la città possa tornare agli aquilani, che non saranno più gli stessi. Una generazione sarà scomparsa e quella che subentrerà avrà perso parte della memoria. I nostri stessi zii, che hanno perso tutto nel terremoto, sono ultrasettantenni e, se forse potranno vedere la loro casa ricostruita, difficilmente rivedranno L'Aquila nel suo antico splendore.
Tentate un esperimento letterario coraggioso, considerando il tema: fondere divulgazione scientifica e narrativa partendo da frammenti di testimonianze. Com’è nata l’idea? È stata anche conseguenza della divisione del lavoro in fase di stesura?
In realtà non c'è stata alcuna divisione del lavoro. Abbiamo lavorato, avvicendandoci, alla stesura dell'intero romanzo. Nei giorni seguenti al sisma, quando tutto intorno a noi sembrava non essere vero, abbiamo iniziato ad inventare il nostro romanzo basandoci sulle nostre conoscenze scientifiche. Le lunghe discussioni sono divenute parole e le parole frasi. I personaggi sono arrivati ed hanno iniziato a vivere, sorridere, piangere, arrabbiarsi. Non più fredde parole su una pagina bianca, ma amici cari che in qualche secondo hanno perso la casa, i sogni, la speranza e, purtroppo, a volte anche la vita.
Avete qualche altro progetto in cantiere?
Si. Abbiamo appena completato la trama di un nuovo romanzo nel quale narreremo la vita di uomini moderni e preistorici. Trame separate che evolvono e si intrecciano senza invocare alcun improbabile viaggio nel tempo. Con un colpo di scena finale.
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