Un qualcosa di mezzo tra un noir e un thriller, un ibrido declinato in modo atipico ed efficace questo Una vita tranquilla di Claudio Cupellini: moventi chiari, vittime che se la vanno a cercare eppure per le quali si avverte, nonostante tutto, una certa tenerezza, una amarezza di fondo appena stemperata da una malcelata ammirazione per chi, con un pelo sullo stomaco alto così, è pronto a lasciarsi tutto alle spalle per ricominciare un’altra volta daccapo. Il titolo, vero per un tempo breve assai, rimanda ad una Arcadia, quella di Rosario (Toni Servillo) un ristoratore amato e rispettato che si vede comparire davanti agli occhi un passato del quale farebbe volentieri a meno sotto forma di un figlio lasciato quando era piccolo per sottrarsi ad una guerra di mafia e tentare di rifarsi una vita in Germania. Belli, anche se stravisti, gli sviluppi sotto forma del sassolino che diventa una frana, la crepa che si trasforma in voragine, la tranquillità che lascia il posto alla bufera. Quasi impossibile non pensare ad una costola di Gomorra che prende vita e segue la sua strada (rifiuti da smaltire in Germania malvisti dalla camorra). Secondo film in circolazione con Toni Servillo, qui nella versione senza make-up che come già accennato in Gorbaciòf, lo porta ad recitazione più sobria. A parte le difficoltà con la lingua tedesca (è arrivato a un passo dal mollare la parte indicando il suo sostituto in Bruno Ganz in quanto bilingue…), calibra molto bene i due aspetti del suo personaggio: quello più aperto agli altri, con quello che pensa soltanto a se stesso.
Premio Marc'Aurelio della Giuria a Toni Servillo come miglior attore e premio L.A.R.A. a Francesco di Leva come miglior interprete italiano alla V edizione del Festival Internazionale del Film di Roma (2010).
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