“Tecniche di resurrezione” (Gargoyle Books, 2010) è un romanzo corposo: 490 pagine che fondono la fantasia con la storia, un’architettura ben delineata e un impianto storico ottocentesco estremamente affidabile, sia che si parli di vita quotidiana che, ad esempio, di chirurgia. Quanto tempo ha impiegato a scriverlo, momento documentativo incluso?

È sempre molto difficile per me fare calcoli di tempo perchè in genere lavoro a diversi progetti in parallelo. Per Tecniche ho concentrato il lavoro in tre periodi: estate; inverno (dicembre-marzo) e primavera per le revisioni. Per cui più o meno cinque mesi tra studio e scrittura.

Come si è documentato?

Libri della mia biblioteca privata; Google Books e altri siti di libri on-line; materiali richiesti a biblioteche (in particolare per la consultazione di archivi giornalistici).

L’Europa come ambientazione, nello specifico a Parigi e Londra. L’importanza dei luoghi nelle sue opere.

I luoghi sono sempre stati un mio pallino. Li considero dei personaggi al pari dei personaggi umani. Per creare un personaggio in carne ed ossa, devo poterlo pensare nel suo ambiente, figurarmi le sue abitudini quotidiane, come si muove, come e cosa mangia, a quali spettacoli va, cosa legge. Questo lavoro di documentazione entra nel romanzo solo per un decimo di quanto trovo, ma tutto quello che leggo mi è utile per compiere una specie di full immersion nella vita dell'epoca che racconto, e che contribuisce molto a rendere i personaggi realistici e credibili, e non dei pupazzi in costume che per il resto pensano, si comportano e si esprimono come uomini dei nostri giorni. Questa seconda "scuola" mi suscita un profondo fastidio, soprattutto in letteratura. È tollerabile in un telefilm o in un film, ma in un romanzo equivale a una presa per i fondelli del lettore e condanna chi scrive a una desolante piattezza stilistica.

A pp. 222-223, Josephine parla ad Aline di suo marito Napoleone, definendo il suo matrimonio “un destino” cui non può sfuggire (ed Aline le risponde: «Destino è il nome che diamo all’infelicità». Cos’è il destino per lei?

Non è importante cosa sia per me. Io non metto me stesso e le mie idee in pagina. Lascio parlare i personaggi perchè esprimano le proprie. Gli autori troppo impositivi, non lo sono solo sui personaggi (che considerano come marionette) ma anche sui lettori, perchè presumono di "orientarli". Io invece racconto e lascio che siano i lettori a formarsi la propria opinione in riferimento a quelle espresse dai personaggi. Se voglio dire la mia opinione su un certo argomento, scrivo un articolo, non un romanzo. Sul destino, certo, mi sono interrogato parecchio. Ne avevo già parlato, in riferimento alla "fortuna", in un romanzo di parecchi anni fa ( Una fortuna d'annata, Tropea Editore), in termini piuttosto ironici. Ne avevo parlato invece in modo assolutamente tragico e fosco nel mio romanzo "apocalittico": Il Peggio deve venire (Mondadori). Dove ho davvero dato una mia personale interpretazione al tema è stato nel mio fumetto Magico Vento, storia di uno sciamano bianco dei Lakota, che come loro affronta il destino, suo e collettivo, preparandosi ad esso attraverso delle visioni. La visione può essere premonitrice o ingannevole, può consentirci di cambiare le prospettive e di cambiare il destino, oppure può frustrare queste nostre speranze. Credo profondamente che l'essere umano sia fatto così: non è soltanto un animale che ragiona e che combatte quotidianamente perchè la sua esistenza sia degna di essere vissuta o quantomeno accettabile, è anche un animale che sogna. Noi passiamo un terzo della nostra vita a dormire e sognare. Questa parte importantissima non può essere tagliata fuori della narrazione come se fosse irrilevante: le nostre aspettative, fondate o velleitarie, le nostre paure, la nostra incertezza tanto quanto le nostre sicurezze momentanee, formano il nostro modo di essere e incidono sul reale. La risposta non è mai univoca: a volte è necessario piegarsi al destino (inteso come Storia collettiva e personale), altre volte è indispensabile combatterlo: anche se non si riesce a vincere, avremo comunque dato un senso alla nostra esistenza. Ma tutto ciò può avvenire solo se sviluppiamo in noi qualche capacità di pre-figurazione. Senza visione del futuro non c'è alcuna possibilità di scelta se non quella della sopravvivenza in un eterno presente da "bruti".

Le sue soluzioni narrative sono sempre originali e significative, sia dal punto di vista strutturale che sintattico e lessicale. Come procede: le studia, le vengono spontaneamente, si affida a un lungo lavoro di revisione?

Scrivo di getto, ma rileggo di continuo, taglio, arricchisco, mi confronto ad altri testi. Mi capita di solito che l'editore debba strapparmi il romanzo dalle mani perchè fino al giorno prima della stampa opero delle correzioni, anche soltanto di poche parole qua e là. Una volta che il romanzo è stampato, evito di rileggerlo, perchè se lo faccio trovo sempre qualcosa che avrei voluto cambiare, ma ormai non è più mio, è dei lettori.

Cosa ne pensa dell’ambiente culturale/intellettuale italiano?

Triste e frustrante, inquinato da narcisismo e papaverismo, avvolto in una mediocre routine senza progetto. Ma non mancano punte di riflessione piuttosto alte e incontri rigeneratori soprattutto nei convegni internazionali dove si misura davvero se e quanto le nostre idee e propensioni trovano sponde nel lavoro globale di scrittura, o se risultano misere e sterili le nostre proposte e tendenze "nazionali" in un contesto critico-letterario più ampio.

Cosa ne pensa del patto lettore/scrittore? Lo scrittore ha dei doveri verso qualcuno/qualcosa?

Lo scrittore ha un dovere verso gli alberi. Usare la carta per pubblicare delle porcherie è cosa che non si dovrebbe fare, se si ha un minimo di scrupolo etico. Questo è anche uno scrupolo nei confronti del lettore che paga e ha diritto a non sentirsi imbrogliato.

Progetti?

Un fumetto in diciotto episodi sulla Rivolta dei Boxer in Cina, che uscirà nell'inverno 2011. Un nuovo romanzo che ho appena cominciato e nulla ha a che fare con Aline e Valcour. E poi una nuova avventura di Aline e Valcour, che però sta ancora germinando, con la dovuta calma.

Ci saluta con una citazione da “Tecniche di resurrezione”?

Re Giorgio III chiede a uno dei miei personaggi una definizione del Gotico. Lui risponde così: "È un grido lanciato al cielo dagli oscuri labirinti e dalle infinite storture della vita terrena."

La trama: 1803. I gemelli Aline e Valcour de Valmont, ricercatrice scientifica lei e medicochirurgo lui, sono tornati in Europa dopo una tragica esperienza americana che ha lasciato in entrambi ricordi angosciosi. A Londra, Valcour assiste a una dimostrazione galvanica dello studioso Giovanni Aldini, condotta sul cadavere di un impiccato. Nel corso dell’esperimento, Valcour rianima un uomo colpito da infarto. Il brillante successo riportato lo precipita pero' in un agghiacciante intrigo. Proprio mentre gli esperimenti di rianimazione stanno aprendo nuove prospettive alla medicina, un chirurgo folle che si fa chiamare Doctor Ending si rende responsabile di efferati omicidi, trafugamenti di cadaveri e clamorose provocazioni. Nel frattempo Aline si trova a Parigi, nella speranza di recuperare alcuni beni di famiglia sequestrati dopo la Rivoluzione, ed entra in contatto con la corte di Napoleone. In Francia, una generazione di novelli 'medici dell’anima' si avvale delle prime esperienze ipnotiche per esplorare i segreti della psiche umana. Un caso in particolare, per quanto tenuto segreto, suscita inquietanti interrogativi. Salvy San Subra, una ex guida di Napoleone durante la campagna d’Egitto, e' vittima di un processo di degenerazione cellulare che lo sta progressivamente mummificando. La sua anima e' forse posseduta dallo spirito inquieto di un antico egizio? Quando Valcour raggiunge sua sorella a Parigi, scopre che tra il caso di Doctor Ending e quello di San Subra, intercorrono sotterranei quanto inspiegabili legami. La vicenda assume presto i contorni di un incubo che rischia di inghiottire i due fratelli...