Un connubio tra azione e comicità di Hong Kong e un grande successo giapponese: questo è alla base di “City Hunter” (Sing si lip yan, 1993), particolarissima pellicola che la collana “Bruce Lee e il grande cinema delle arti marziali”, firmata Gazzetta dello Sport e Stefano Di Marino, presenta da ieri in edicola.
Diretto da una firma prestigiosa come quella del prolifico Wong Jing (di cui solo pochi film sono arrivati in Italia, come “Meltdown - La catastrofe” e “La leggenda del Drago Rosso”) e interpretato dal mattatore Jackie Chan, forse questo film non sarà fra i più riusciti di Hong Kong, ma lo stesso regala ai fan scene indimenticabili e attori in stato di grazia.
Shizuko Imumura (Kumiko Goto) è la figlia di un ricco proprietario di un giornale giapponese: scappa di casa e il ricco padre per ritrovarla ingaggia la City Hunter. È questa un’agenzia formata solamente da due persone: Ryu Saeba (Jackie Chan) e Kaori Makimura (Joey Wong). Il primo è un giovane dongiovanni molto più interessato alle gonnelle che al lavoro, e la seconda è la sua collega segretamente (ma non tanto) innamorata di lui e perennemente gelosa. I due si ritrovano ad inseguire la giovane fuggiasca in una nave che, in alto mare, verrà presa ostaggio da alcuni criminali capeggiati dal perfido colonnello MacDonald (Richard Norton) e dalla sua spietata guardia del corpo (Gary Daniels). Fra azioni rutilanti e comicità esagerata, la City Hunter risolverà la situazione.
Come si diceva, il film si pone come la trasposizione cinematografica del manga omonimo di Tsukasa Hojo divenuto poi negli anni Novanta un anime di successo in molti Paesi, compresa l’Italia. Non si può certo dire che Jackie Chan abbia il physique du rôle per vestire i panni di Ryu Saeba: un personaggio alto e muscoloso e dallo sguardo magnetico mal si adatta al buon Jackie, mingherlino e dal sorriso sornione (per non parlare poi dell’ampia giacca bianca indossata, che lo fa sembrare ancora più minuto). Il più evidente dei difetti del film è nello “spirito” del personaggio: il Ryu dei manga e degli anime è un bambinone che ha occhi solo per le donne e non perde occasione per “provarci”, finché una situazione pericolosa non lo trasforma in una perfetta macchina per combattere e, se è il caso, uccidere; Jackie interpreta sì un bambinone, ma tiene troppo fede al proprio personaggio - candido, puro e immacolato - per occuparsi poi tanto delle donne. A parte qualche strizzata d’occhio e qualche faccia buffa, il Ryu del film pensa molto poco alle donne rispetto ad altri stimoli come il cibo e il restare in vita. Ovviamente è del tutto assente l’aspetto “letale” del personaggio-Ryu, visto che questo non rientra assolutamente nei dettami del personaggio-Jackie.
“City Hunter” è un film comico-marziale di Jackie Chan, in fin dei conti: il fatto che porti il nome di un celebre manga giapponese è assolutamente marginale. Anche se va sottolineato come, dopo l’uscita del film, Chan stesso abbia disconosciuto il risultato finale e ci sia stata tensione con il regista: quest’ultimo, evidentemente seccato dalla cosa, nel suo successivo film “Meltdown” (1995) inserisce un personaggio che prende dichiaratamente in giro Jackie, interpretato proprio dal suo sosia Jackie Cheung.
Come ogni altro film di Jackie, anche “City Hunter” vanta roboanti sequenze di stunt e combattimenti paradossali e a tratti di una comicità forse troppo esagerata.
I momenti da ricordare del film sono molti. Difficilmente passano inosservate le sequenze in cui è protagonista Chingmy Yau, sexy-eroina del cinema di Hong Kong (anche se qui, ovviamente, in abiti castigati), così come da antologia rimane la scena in cui Jackie lotta in un cinema dove trasmettono “L’ultimo combattimento di Chen”.
La coppia di cattivi eccellenti del film è costituita da Richard Norton e Gary Daniels, entrambi in ottima forma ed entrambi lanciati nell’effimero mondo dei film di arti marziali statunitensi grazie alle loro prove di Hong Kong. Norton va ricordato per il lungo combattimento finale, soprattutto per la sequenza con i tonfa, e Daniels per la celebre sequenza in cui lui e Jackie Chan danno vita a due personaggi del videogioco “Streetfighter”: il biondo attore britannico diventa Ken, mentre Chan si trasforma prima nel lottatore di sumo Honda (scritto però Honde, semplicemente perché lo storico contratto di Chan con la Mitsubishi vietava di citare la concorrente Honda!), poi nella lottatrice Chun-li.
Nel 2001 la Hong Kong Legends ha rilasciato una ricca edizione DVD del film, con molti contenuti speciali come interviste (a Chan, Norton e Daniels), commentari audio, scene eliminate e molto altro. Purtroppo non tutti questi contenuti sono presenti anche nell’edizione italiana, che comunque vanta interviste a Jackie Chan e al regista Wong Jing.
“City Hunter” non può certo mancare nella dvdteca del fan di questo genere di film, sebbene sia un titolo al di sotto della sufficienza da tutti i punti di vista: non è infatti né un buon film “alla Jackie” né una buona trasposizione del “vero” City Hunter.
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