Qual è la natura della felicità? Quali sono le caratteristiche dei desideri ? Cosa deve fare l’uomo per avvicinarsi alla felicità? Questi sono i dilemmi principali che affronta il misterioso saggio Divagazioni sulla felicità di Oscar Fingal Wilde, da poco pubblicato dalla Robin edizioni nella collana La biblioteca.
Il piccolo volume rappresenta un vero e proprio caso letterario, nonché un mistero della narrativa. Pubblicato per la prima volta nel 1919 sotto il nome di Oscar Fingal, alcuni studiosi sono propensi a ricondurre la paternità dell’opera al grande letterato Oscar Wilde, il cui nome integrale era Oscar Fingal O’Flahertie Wills Wilde. L’autore, assediato dai creditori, pubblicamente screditato e denigrato dalla condanna per sodomia, debilitato nell’animo e nello spirito da due anni di lavori forzati, si sarebbe nascosto sotto questo pseudonimo per poter tornare a scrivere, per tornare a esprimere il suo forte e originale animo in una società che tentava in tutti i modi di escluderlo e annientarlo.
L’opera intrisa di mestizia e dolorose riflessioni filosofiche-religiose, sembrerebbe a un primo esame molto lontana da quella che era la prosa e la poesia del genio irlandese, ma come sottolinea Lilli Monfregola nel suo saggio introduttivo all’opera (Lo strano caso del libro dal passato che scompare – con cenni di letteratura imperfetta e letteratura di mezzo) ci troveremmo di fronte a un Wilde sofferente, fortemente provato dalla vita, che sembrerebbe aver intrapreso un doloroso percorso interiore.
Il saggio introduttivo, oltre a descrivere le modalità del ritrovamento di questa misteriosa pubblicazione (ritrovamento effettuato dalla stessa Monfregola), muove interessanti ipotesi sulle vicende che potrebbero aver portato alla realizzazione dell’opera e al successivo oblio che la avvolse, il tutto con affascinanti analisi ed accattivante stile narrativo.
Il tutto per dar vita a quello che è un giallo a tutti gli effetti. Un giallo della letteratura, della narrativa… della vita.
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