9 settembre. I Ragni Zingari di Nicola Lombardi esistono ben prima della storica data di un armistizio che incrina le già scarse certezze di una guerra insensata e trasforma in invasori, così di punto in bianco, i vecchi alleati tedeschi. Perché i Ragni sono impressi nella memoria del suo protagonista, Michele, con il loro zampettare dentro e fuori lo specchio, oppure sulle pareti, mimetizzati dai contorni delle ombre. Altro non rappresentano se non il gotico turbamento dell’infanzia, il fantastico che popola le storie leggendarie, e narrate dal nonno Adelmo all’imbrunire, davanti al camino, trasformate, parola dopo parola, in una cappa di paura che soverchia il cuore di un bimbo.
9 settembre. Le forze armate sono allo sbando, i soldati, etichettati dai tedeschi come traditori, si ritrovano nel caos a fare scelte individuali e rischiose. Si apre il capitolo più drammatico della storia italiana del secolo scorso, sempre oggetto di grandi confronti ideologici ma raramente catturato dalle grinfie di un romanziere. Michele, di stanza in Albania, coglie al balzo un’occasione offerta dal destino e decide di fare ritorno a casa. Una pistola nello zaino, tre colpi nel caricatore e una ferita alla testa. Certo che il suo sarà un viaggio difficile. Ma quello che non sa, è che una sorpresa è pronta, sulla porta di casa, a dargli il bentornato. Il fratello Marco è scomparso senza lasciare traccia alcuna, e una torbida quanto antica verità tornerà immediatamente a galla, crudele e dolorosa al pari dell’esperienza in guerra di Michele che si mette subito a caccia della verità.
Questi gli elementi narrativi con cui Nicola Lombardi riesce a modellare l’intera vicenda, coniugando al tempo stesso e con grande efficacia la recente tragedia di un popolo e quella più intima e privata di una famiglia qualunque. Nasce così un romanzo in grado di dare risalto alla guerra rappresentata come dannazione sociale, avvolta dalle brume di un’epoca, quella di un paesino di campagna dove esistono ancora gli odori di casa, magari stagnati ma vitali, insieme alle teste d’aglio appese alle pareti, ai piatti sbrecciati e alle macchie di vino sul tavolo. Ma con I Ragni Zingari, il suo autore è capace anche di scavare nel profondo dei personaggi, tutti in equilibrio tra il possibile e l’impossibile, in parte ribelli, in parte soggiogati da una mentalità dove l’insoluto si fa strada attraverso anche l’omertà che copre un grave delitto passionale.
Nonostante i tanti elementi che fanno muovere questo romanzo nel chiaro scuro delle tenebre, con un’atmosfera da giallo in bianco e nero, I Ragni Zingari resta soprattutto un romanzo che si impone con la sua scrittura rapida, snella e coinvolgente. Non scade nelle tinte fosche, non occhieggia all’impatto morboso, e il suo grande pregio resta quello di non subire il fascino dell’essere ingabbiato in un genere.
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