Tratto dall'omonimo racconto di Marco Vichi apparso nell'antologia Città in nero, curata dallo stesso autore e pubblicata nel 2006, Morto due volte è un volume della collana Guanda Graphic, nuovo marchio della casa editrice parmense dedicato ai fumetti, che ha per protagonista il commissario Bordelli.

Nel corso degli avvenimenti presentati in questo libro, questo anomalo poliziotto, che sta sempre dalla parte dei più deboli ed è amico di ladruncoli e prostitute, indagando a titolo personale su due lapidi, che portano scolpite lo stesso nome ma diverse date di morte, porterà alla luce una vicenda dai contorni drammatici, un intrigo fatto di bugie e di violenze.

Adattata da Marco Schiavone e supervisionata da Tito Faraci la storia, ambientata nella Firenze degli anni '60, scava nel marcio del recente passato di un’Italia da poco uscita dal fascismo e dalla Seconda guerra mondiale e mostra, quasi a voler confermare una situazione molto comune allora come ai giorni nostri, come anche le personalità pubbliche che sembrano le più rette ed oneste, abbiano numerosi scheletri nascosti negli armadi.

I disegni del barese Werther Dell’Edera, fatti di pochi tratti graffianti e minimalisti, le figure umane un po' abbozzate, quasi fossero sfocate nella memoria, e l'inchiostrazione davvero sapiente, anche se in qualche punto imprecisa, rievocano un periodo, lontano ormai cinquant'anni, e fanno da sfondo a una vicenda ricca di suggestioni, atmosfere tese e colpi di scena.

L’utilizzo dei retini nei ricordi dei protagonisti poi, accresce la sensazione di tristezza e malinconia che pervade tutto lo svolgersi di una storia che, all'inizio parte in sordina per poi aumentare notevolmente il ritmo.

La tensione che si costruisce, vignetta dopo vignetta, è così alta che difficilmente si potrà lasciare il volume prima della fine, travolti da testi e immagini di una storia insospettabile, ma probabilissima, che termina lasciando il lettore spiazzato ma soddisfatto e desideroso di leggere altre vicende del genere quanto prima.

L'unico neo che si può trovare per questo volume, cartonato e peraltro stampato molto bene, è il prezzo, forse un po' troppo alto per un libro di 112 pagine.

 Al di là di queste piccole inezie si può però affermare che Morto due volte sia una graphic novel molto bella che potrà essere apprezzata sia dagli amanti del buon fumetto che dai lettori di romanzi gialli.

(Elio Marracci) *** stelle

Sembra davvero morto due volte, come recita il titolo, il signor Antonio Samsa. Il commissario Bordelli, durante una delle sue passeggiate tra i cimiteri, scopre una tomba con un nome già visto in un’altra lapide: stesso estinto, stessa data di nascita, diversa data di decesso. Il commissario Bordelli continua a pensare al mistero, si decide a cominciare un’indagine che lo porta ai parenti stretti del defunto Samsa, e non solo a loro. Attraverso le testimonianze e il fiuto del protagonista, si sgroviglierà alla fine l’arcano e lo scioglimento reggerà su uno degli elementi basici che muovono e distruggono i destini umani: gli interessi personali oltre la dignità umana.

Morto due volte è una graphic novel eccellente realizzata a quattro mani. Le tavole sono di Werther Dell'Edera, barese classe 1975, impostosi in Italia disegnando storie come John Doe e Garrett: Ucciderò ancora Billy The Kid e collaborando con alcune delle principali case editrici di fumetti americane, come Marvel e DC Comics. I disegni — tutti in bianco e nero — sono agili e dinamici ma Dell'Edera è maestro nel cogliere una situazione, un dettaglio, uno stato d’animo e, pur concentrandosi sulla figura umana in tutte le sue angolazioni, non disdegna gli ambienti e gli scorci di paesaggio. La corposità è data dalle ombre distribuite senza sfumature, con un tocco a volte quasi pennellistico.

I testi sono di Marco Vichi, fiorentino classe 1957, autore di racconti, testi teatrali e romanzi, tra cui quelli della fortunata serie del commissario Bordelli qui proposto. Tra i suoi romanzi dedicati a Bordelli cito “Morte a Firenze” (sempre edito da Guanda), che in questo 2010 ha stravinto in diverse tenzoni letterarie classificandosi al primo posto al premio Camaiore Letteratura Gialla e al Premio Azzeccagarbugli.

La sceneggiatura di Vichi non fa acqua: sintetica, precisa, l’autore ha condensato nelle didascalie eterodiegetiche e nei dialoghi le pagine intense dei suoi romanzi. E poi c’è il periplo nella storia, quella grande, quella novecentesca con la S maiuscola, una storia che Vichi ha già dimostrato di saper trasmettere narrativamente, con risultati grandiosi. Qui esplode in tutto il suo dramma, dalle persecuzioni fasciste agli ebrei, fino alla tragedia dei lager nazisti e fino alla questione della banalità del male sottintesa tra le righe e tra gli eventi. Ma la Storia è solo il frammento che si riverbera in un’opera ambientata anni dopo, dove l’attenzione è tutta concentrata sulla vicenda umana, ricostruita, passo dopo passo, dall’indefesso Bordelli, certo delle sue debolezze ma anche del suo codice morale. Sempre pronto a constatare le sue amarezze, perché grande conoscitore dei suoi simili:

«E alla fine gli italiani avrebbero comunque dimenticato. Come sempre.»

(Marilù Oliva) ***** stelle