10 aprile 1991, mercoledì sera, mercoledì di coppe.
Gran parte dell’Italia sta assistendo alla vittoria per 3 a 1 della Juventus sul Barcellona.
Una notizia interrompe il dopo partita: nella rada di Livorno nuvole di fumo nere e una scia di petrolio in fiamme abbracciano la Moby Prince e l’Agip Abruzzo.
Le immagini mostrano un rogo incandescente che fa subito pensare alla tragedia.
I morti a bordo del traghetto diretto a Olbia sono centoquaranta con un solo sopravvissuto: la più grande tragedia della marineria civile italiana.
“Stavano guardando la partita e sono andati a sbattere”, diranno i più cinici tra i telespettatori.
Nei giorni successivi i media vedono emergere le cause della collisione da un insieme di fattori: nebbia, disattenzione, errore umano, sfortuna…
I nostri ricordi di quella sera sono rimasti quasi invariati nel corso di questi quattordici anni.
Ora però lo scrittore e giornalista Enrico Fedrighini, riporta alla luce una tragedia che sembrava, nella sua drammaticità, archiviata. Moby Prince. Un caso ancora aperto, rischia di riportare alla memoria ricordi sbiaditi, che potrebbero non corrispondere alla realtà dei fatti.
Il libro vuole ricostruire la vicenda alla luce dei documenti e degli atti processuali, dai quali emergono altre verità: nessuna rotta imprudente; nessun televisore in plancia comandi; e la nebbia, smentita da varie testimonianze e da bollettini meteomarini, forse serviva a occultare qualcos’altro.
Che cosa però cela la tragedia della Moby Prince? Dove risiede la verità?
L’accurato e approfondito lavoro di Fedrighini sposta la nostra attenzione verso altri fattori della complicata equazione di quella notte.
Il porto di Livorno quella sera era pieno di navi americane cariche di armi ed esplosivo che tornavano dalla Prima Guerra del Golfo. Sul traghetto furono accertate, ma altrettanto scientificamente negate tracce di esplosivo militare, del tipo usato negli attentati terroristici che avevano insanguinato l’Italia negli anni ’70.
Ci furono comandanti che sbagliarono perché troppo bravi e altri che con la massima tranquillità affermarono una cosa e il suo esatto contrario.
Dobbiamo cercare la verità nella scomoda vicinanza di Camp Darby, una della più grandi basi NATO americana del Mediterraneo? Oppure nelle manomissioni delle prove e nella misteriosa sparizione e riapparizione di atti importanti, come il decisivo Allegato 1?
Nella presentazione Giovanni Minoli (Mixer e RAI Educational) definisce così il libro di Fedrighini: “Moby Prince. Un caso ancora aperto, avvincente come un romanzo, sospeso tra il legal thriller e il giallo con intrigo internazionale, è vero giornalismo d’inchiesta, che parte da fatti e documenti e ne sa cogliere collegamenti e implicazioni”.
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