Ellery Queen incontra Sherlock Holmes che incontra Jack lo Squartatore. C'è bisogno di aggiungere altro? In effetti sì, perché a descrivere così questo Uno studio in nero (che fin dal titolo ammicca a Uno studio in rosso di Arthur Conan Doyle) si rischierebbe di ridurlo a un mero pastiche, scritto per vedere che effetto fa mettere insieme dei nomi così altisonanti; un po' alla stregua di Maciste contro Zorro o di Dracula contro Frankenstein.
Invece questo romanzo con protagonista l'investigatore Ellery Queen è molto più di questo, e va ascritto alla nobile categoria letteraria del "romanzo nel romanzo". L'escamotage che permette l'incontro fra il protagonista e Sherlock Holmes è infatti il manoscritto di un racconto inedito sulle avventure dell'investigatore inglese, che viene recapitato anonimamente a Ellery. Quest'ultimo si metterà dunque a leggerlo - e noi con lui - scoprendo che Sherlock Holmes aveva avuto a che fare con le indagini su Jack lo Squartatore. Arrivando molto vicino a catturare il responsabile dei brutali omicidi di Whitechapel... molto vicino, ma non completamente. Sarà Ellery, decenni dopo, a completare questa indagine, e nel completarla capirà infine cosa c'era di vero e cosa di falso in quel'unico, maxi indizio rappresentato dal manoscritto sherlockiano inedito, giungendo anche a svelare il mistero stesso dietro all'invio anonimo del testo.
Un romanzo affascinante e divertente, un sentito omaggio a uno dei capostipiti degli investigatori letterari; al tempo stesso un caso esemplare di come un'intelligente sottigliezza narrativa nell'uso del romanzo nel romanzo possa essere messa a servizio del racconto poliziesco.
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