Sono convinta che il talento debba essere coltivato, nutrito e indirizzato. Forse non si diventa scrittori attraverso i manuali, ma senza studio e applicazione il talento non viene fuori, o ci mette molto più tempo. A questo scopo è fondamentale un libro come Scrivere Crime Story, una guida completa sui segreti del thriller e della crime story a cura degli autori della Mystery Writers Association of America, che comprende una pattuglia di scrittori di primissimo piano (come Michael Connelly, Lawrence Block, Tess Gerritsen, Ann Rule e altri) guidati da Sue Grafton.
La cosa straordinaria di questo testo è che a ogni capitolo mi sono detta: "caspita, è vero! Non ci avevo mi pensato!". Vengono trattati tutti, ma proprio tutti, i tasselli che compongono una perfetta crime story, e soprattutto vengono illustrati trucchetti di vario genere da utilizzare per raggiungere un determinato obiettivo: inserire false piste durante la storia; creare un investigatore con un conflitto interiore da risolvere che corra parallelo al caso in questione; gli elementi che portano con sé i più famosi criminali della letteratura; come non perdere di vista la vera pista e disseminare qua e là qualche falso elemento. E la violenza? Come "Raccontare la violenza" è stato forse il capitolo più illuminante.
Nel fare una breve panoramica di questo testo straordinario, partiamo dalla definizione: ci sono un crime e una story, ovvero un crimine e una trama.
Le sfumature e gli ingredienti che compongono questi due elementi sono molteplici, complessi e difficili da combinare e, a seconda dell'enfasi che viene data a ciascuno di essi, il vostro manoscritto può diventare un giallo, un thriller, un legal thriller, un medical thriller o un classico poliziesco.
Partiamo quindi dal crime: qualcosa è successo o deve succedere, qualcosa di criminale, di condannabile. E il colpevole sarà il vostro protagonista o antagonista. Occorre quindi che sia un personaggio talmente forte e verosimile che il lettore abbia voglia di cercarlo.
A tal proposito Sandra Scoppettone nel capitolo "Criminali Verosimili", spiega che <<la natura del criminale, e come questo personaggio è costruito, hanno un impatto importante su tutta la vicenda - ricordiamo l'indimenticabile Hannibal Lecter.>> La Scoppettone suggerisce di entrare nella testa dei propri personaggi, specialmente in quella dei classici "bravi ragazzi". Cercate di conoscere il tipo di patologia del vostro protagonista. <<Gli assassini non sono tutti uguali, il loro mondo è molto vario: alcuni commettono il tipico delitto passionale, altri sono professionisti del crimine (i killer, i gangster), infine ci sono i sociopatici e gli psicopatici.>> La Scoppettone invita a riflettere sul fatto che quando l'assassino rientra in una delle ultime due categorie, i protagonisti diventano più importanti della trama stessa e rappresentano il perno di tutto il libro. Quando <<il movente dell'omicidio ha a che fare con gli affari, i soldi o le proprietà>> invece, è la trama ad assumere un ruolo centrale, diventando la vera protagonista della storia.
Entrare nella testa dell'assassino significa conoscerlo molto da vicino. La Scoppettone, infatti, si spinge molto in là, suggerendo di approfondire proprio tutto dei criminali di cui stiamo scrivendo: come andavano a scuola, quali hobby hanno, che cosa mangiano. Sono dettagli che anche se non entreranno mai in modo diretto nella storia, saranno importanti per definire tic o manie o particolari del carattere e della personalità del colpevole. E saranno fondamentali per disegnarlo nel solo modo in cui deve essere raccontato: in modo verosimile.
Il punto di vista e i dialoghi, ben approfonditi da Margaret Maron nel capitolo "Dare corpo ai personaggi", sono di aiuto per creare personaggi a tutto tondo e farli vivere in modo accattivante per il lettore.
L'autore del crimine di solito è protagonista o antagonista e si accompagna quindi spesso a un investigatore (professionista o dilettante). Così come per il criminale, anche in questo caso l'autore deve costruire un personaggio ricco e coinvolgente. Tuttavia qui, più che nel caso precedente, il personaggio sarà definito dal conflitto. <<Nella narrativa poliziesca c'è sempre un conflitto di base incorporato nel racconto>>, dice Michael Connelly in "Caratterizzare i personaggi", <<il crimine che deve essere spiegato e risolto>> e aggiunge: <<Ma lo scrittore non può essere soddisfatto solo da questo conflitto nella storia. Deve inserire anche altri conflitti. Ci devono essere scommesse personali e tempeste interiori. Così che quando arriverà a spiegare e risolvere il crimine, verrà anche spiegato e risolto qualcosa di se stesso.>> Ciò si ottiene, spiega ancora Connelly, mettendo ostacoli al percorso del vostro personaggio a ogni angolo e a ogni livello della storia. Come disse Kurt Vonnegut: <<Fate in modo che in ogni pagina ciascuno voglia qualcosa, anche solo un bicchiere d'acqua>>. In sostanza: create conflitti per rendere reali i personaggi, in particolar modo l'investigatore, che, di solito, corre il rischio di essere molto meno interessante del colpevole.
Molto illuminante l'approfondimento di Nancy Pickard sulle differenze della caratterizzazione dell'investigatore dilettante rispetto a quello professionista, passando in rassegna i vantaggi dell'uno e dell'altro e le libertà che lo scrittore si può prendere quando a condurre le indagini è il primo rispetto al secondo!
E ora facciamoli parlare un po'. Di questo si occupa Aaron Elkins in "Scrivere dialoghi convincenti". Elkins analizza un po' di tecniche dei dialoghi e passa in rassegna gli errori più frequenti degli esordienti. Spiega Elkins: <<La voce di un personaggio è il modo in cui parla, diverso da tutti gli altri: il vocabolario, la cadenza, il tempo, il linguaggio, le tematiche che affronta, il tono e ogni altro aspetto della parola. La voce è il modo più diretto in cui illuminiamo i nostri personaggi.>> E da qui Elkins parte per affrontare i diversi modi in cui cerca di dare voce ai suoi personaggi differenziandoli tra loro e mostrando alcuni esempi concreti. <<La maggior parte dei polizieschi richiede parecchia conversazione. Devono essere portate alla luce informazioni complesse e il dialogo è spesso il modo migliore, e talvolta l'unico, per farlo.>> Il segreto, secondo Elkins sta nel fatto che ogni frase pronunciata da uno dei personaggi, deve servire sempre a far procedere la storia in qualche modo. Ogni frase che comporti uno stallo e non faccia progredire la trama, è da eliminare. E' impossibile scrivere in poche righe tutti i suggerimenti di Elkins in questo capitolo. Citerò solo che gli esempi e le spiegazioni vanno a toccare i temi sensibili di veracità in rapporto alla verosimiglianza, alla frequente sovrabbondanza di aggettivi, e all'uso del dialetto.
All'incirca metà del libro si occupa della caratterizzazione dei personaggi, attraverso le descrizioni, i dialoghi e la costruzione delle loro qualità più intime. L'altra metà del testo si occupa, come è logico, della storia, toccando tutti gli elementi della trama: il crimine, la pista che porterà alla risoluzione, la falsa pista necessaria per creare la sorpresa, il ritmo e la suspense, i diversi modi per descrivere la violenza. E, primo tra tutti: è necessario fare una scaletta? Di questo ci parla Robert Campbell, secondo il quale non è proprio possibile scrivere senza una scaletta, ma è decisamente impossibile pianificare fin dall'inizio tutti gli sviluppi della trama. <<Alla fine>> dice Campbell, << per me l'ideale è una via di mezzo: una tecnica che offra i benefici della scaletta e la libertà della scoperta>> e ci spiega poi quali strumenti utilizza per pianificare il lavoro (dai semplici tools del computer, a una sorta di "calendario degli avvenimenti").
Come dare "Ritmo e suspense", importanti per tenere il lettore incollato alla pagina, è il tema approfondito da Phyllis Whitney. <<L'attenzione del lettore può essere persa facilmente per il troppo, non solo per il troppo poco. Possiamo permetterci una scena drammatica, dopo la quale dobbiamo fare una pausa prima di ricostruire la tensione. Questo è il ritmo. Ma c'è un altro aspetto che vale la pena considerare. Se uno scrittore accumula sconfitte e scoraggiamenti senza fine, le storie che scrive possono diventare molto noiose da leggere. [...] Mentre la vita del personaggio principale non dovrebbe mai essere "facile", bisogna far trasparire un po' di speranza nell'azione e ci dovrebbero essere un po' di "vittorie" lungo il percorso.>>
Sempre parlando della trama, i due capitoli che ho trovato davvero straordinari sono "Indizi, false piste e altri espedienti" di P.M. Carlson e "Descrivere la violenza". Straordinari poiché tutto quello che hanno spiegato è facilmente individuabile nei testi classici dei grandi del giallo.
Innanzitutto il primo. Parte, naturalmente, dall'analisi del fattore più importante di una crime story: il movente. E da lì analizza le varie tecniche, portando diversi esempi (addirittura costruendone uno insieme al lettore!) per seminare falsi indizi che portino fuori pista chi legge per poi sorprenderlo sul finale. Analizza il caso in cui sia chiaro il movente fin dall'inizio del testo, oppure quando sia il movente che l'assassino siano inspiegabili proprio fino alla fine. Illustra il caso della montatura (quando lo scopo dell'assassino è quello di fare incolpare un'altra persona che quindi per tutto il libro verrà ritenuta colpevole). Straordinario! Forse ad Agatha Christie veniva tutto molto spontaneo, ma è molto rassicurante sapere che chi scrive lavora e lavora sodo prima di buttare giù una bella storia. A un certo punto Carlson spiega che d'abitudine scrive storie parallele a quella principale, proprio allo scopo di individuare i falsi elementi da mostrare al lettore. <<Mentre schematizzo le mie storie alternative>> dice, <<trovo spesso utile disegnare una mappa che mostri cosa stava facendo ogni personaggio nel momento cruciale della storia.>>. E ancora: << Nella formula classica della ricerca del colpevole ci sono una mezza dozzina di sospettati e gli indizi e i falsi indizi puntano prima a uno e poi a un altro, in modo imparziale. Indizi e false piste possono essere gestiti in modo leggermente diverso nella formula classica della ricerca, che è poi la più tipica di molti libri di investigazione. Mentre lo stesso tipo di false direzioni di cui ho parlato finora può funzionare, nei libri incentrati sulla ricerca dell'assassino di solito l'enfasi è maggiore. La traccia occupa forse una porzione più piccola del libro [...]>>.
Dicevo poco sopra che "Descrivere la violenza" è forse il capitolo che mi ha colpita di più. Parte da tre esempi di violenza narrata, di impatto molto diverso, e per ciascuno di essi spiega le tecniche narrative usate. Al di là del fatto che l'argomento trattato è in sé particolarmente spinoso, ma necessario nel momento in cui si scrive una crime story, il motivo per cui mi ha colpito è il fatto che, più che in altre parti del testo, a ogni esempio e a ogni tecnica che viene illustrata mi trovavo a pensare "E' vero! E' proprio così". Cose quasi ovvie, insomma, dopo che me le hanno dette. La violenza troppo descritta, la violenza appena accennata, quella omessa del tutto, quella fisica, quella psicologica. In questo capitolo c'è tutto ed è tutto così ben spiegato che alla fine della lettura viene il desiderio di prendere la penna e cimentarsi nella scrittura, se non proprio di un omicidio, per lo meno di un'aggressione verbale tra automobilisti stressati.
"Scrivere Crime Story" è davvero un testo completo. Ci sono capitoli dedicati ad alcune tipologie specifiche come il legal thriller e il medical thriller, c'è un capitolo sul giallo per ragazzi e uno sul giallo storico.
Ma vengono anche trattati in dettaglio i temi classici di tutte le storie (crime e non) come la revisione (ahimé, argomento sempre molto amato o odiato dagli scrittori) e il punto di vista (sul quale la letteratura non è mai abbastanza).
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID