Tre storie. Un filo conduttore. Non una trama da romanzo, ma più un susseguirsi di suggestioni.
In questo modo è costruito Io sono la nemesi, opera prima di Alessandro Cartoni, edita da PerroneLab.
Il volume vede la luce grazie alla vittoria di un concorso e si conquista così la dignità di libro "vero".
Tre storie, dicevamo, diverse per scelte stilistiche, di genere, ritmiche, ma che hanno assonanze comuni, richiami e rimbombi, che le inseriscono in un progetto più ampio.
La nemesi è il concetto che si ritrova in tutti i tre racconti, configurato però con sfumature diverse: rinascita, giustizia, negazione. Un eroe, che è anche una vittima, soprattutto di se stesso. Un genere, il noir, declinato in sfumature che vanno dal grigio di un'esistenza insoddisfacente al nero dell'omicidio. E poi un ambiente sociale o famigliare oppressivo, un senso di inadeguatezza, che rasenta la follia, un indagare all'interno dei protagonisti, profondo e deciso che rende il vero senso del noir. Non c'è un colpevole, o forse ce ne sono tanti, ma non è questo quello che conta.
Ovviamente, poi, ogni racconto ha una sua dimensione e una sua riuscita.
Un dolore qualsiasi, che apre il volume, è forse quello meglio riuscito dal punto di vista del genere. Ha gli elementi per essere un noir, ha un ritmo che conduce il lettore, verso il finale, che forse è un po' anticipato, ma che di fatto incuriosisce, proprio per le modalità con cui arriva.
Io sono la nemesi è il racconto di respiro più ampio, su cui ruota la raccolta. Qui si indaga davvero nell'animo umano, il protagonista e il suo essere "distorto" sono il fulcro della narrazione e della vicenda, che utilizza gli stilemi di un genere, per scavare oltre la superficie.
Cognati, il terzo racconto, è l'anello debole della trilogia, di sicuro il meno riuscito, quello che lascia un senso di incompiuto. Forse alcuni nodi della trama restano sospesi e questo genera una certa insoddisfazione nel lettore.
Nel complesso un lavoro interessante per diversi punti di vista, che lascia la curiosità di capire come se la caverebbe l'autore con un'opera della portata di un romanzo.
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