"Sempre neve sporca, tutta quella neve che pare marcita, con tracce nere e incrostazioni di detriti. La polvere bianca che ogni tanto si stacca dalla crosta celeste, a mucchietti, come il calcinaccio da un soffitto, non ce la fa a coprire quel sudiciume".
Frank Friedmaier è un campione del nichilismo a bassissime temperature. Glaciale e sporco come la neve che dà il titolo al romanzo, è l'anima nera che costringe Georges Simenon a cedere il passo, a perdere il controllo, quasi forzando la prosa geometrica dello scrittore di Liegi ad abbandonarsi al flusso di coscienza. La neve era sporca è il romanzo di de-formazione di Frank, un viaggio claustrofobico che parte dalle strade di una città occupata e continua nell'umore nero che scorre nelle sue vene, fino al salto nel vuoto del finale.
John Banville, scrittore e giornalista irlandese, cerca il centro della narrazione di Simenon in quello che il famoso fotoreporter Henri Cartier-Bresson ha definito come “momento decisivo”, ovvero "quello in cui si riesce a cogliere l’essenza indifesa della realtà, ed è intorno a questi momenti che Simenon costruisce la narrazione". Una realtà tutt'altro che consolatrice, ma strappata e piena di buchi e rappezzi. Lo vediamo attraverso la vita di Frank, che ha una madre che non vuole, vuole un padre che non ha e cerca il suo battesimo nel mondo sfidando il destino col delitto; la realtà del protagonista, nello svolgersi della narrazione, ci condanna a un ruolo di eterni comprimari, subordinati a noi stessi e ai nostri simili. In definitiva, mai del tutto liberi.
Ecco perché, paradossalmente, i momenti in cui Frank sfiora la libertà e l'affrancamento li vive in stato di prigionia e i rapporti umani che gli regalano le chiavi della comprensione della sua condizione sono, a distanza, con una donna che osserva tutte le mattine affacciarsi dall'edificio di fronte a stendere la biancheria - il suo appiglio alla realtà è stilarne una biografia e una cronologia quotidiana immaginaria - e, face to face, quello col suo inquisitore, che chiama il vecchio: "Con lui è un'altra specie di lotta. Al termine, qualunque cosa accada, quali che siano le vicissitudini della partita, per Frank sarà la fine. Sarà il vecchio a vincere. Non può andare diversamente. Tutto ciò che si può fare è che non vinca troppo in fretta. E con molti sforzi e con molta padronaza di sé c'è modo di guadagnar tempo".
Chiamatelo come volete, questo essere che "non conosce l'impazienza": destino, Tao, dio, ossessione o anche capoufficio. Ciascuno ha il suo vecchio e lotta con lui.
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