Fai parte del comitato editoriale di Elliot edizioni. Cosa implica questo ruolo? (il significato nella sua totalità: dalla scelta, alla lettura, ai rapporti con gli autori...)

Faccio parte del comitato editoriale con funzioni di coordinamento e di direzione, nel senso che se non riusciamo a metterci d’accordo o in caso di indecisione sull’acquisire un titolo oppure no alla fine l’ultima parola spetta a me.

Elliot edizioni si distingue sia per la qualità dei libri sia per la peculiarità della sua redazione nata nel 2007: siete un gruppo esperto, molto professionale e affiatato. Com’è nata questa casa editrice? E – per chi non lo sapesse – perché questo nome?

Siamo nati nel 2006 anche se i primi libri Elliot sono usciti a maggio 2007. Eravamo un manipolo di transfughi da altre case editrici, ciascuno con le proprie competenze (editor, ufficio stampa, diritti, redazione ecc) ma ognuno insoddisfatto per qualche ragione. Il nucleo editoriale storico era composto in principio, oltre che da me, da Felice Di Basilio (ex Arcana), Giovanni Arduino (ex Sperling&Kupfer), con l’amichevole partecipazione di Simone Caltabellota (ex direttore editoriale di Fazi), il quale man mano ha intensificato sempre di più il suo contributo e ora è a tutti gli effetti una delle colonne portanti della casa editrice poiché alla sua cura è affidata la narrativa contemporanea.

Volevamo essere liberi di cercare nuove strade e voci originali, soprattutto nella narrativa, nella speranza di fare qualcosa di diverso.

Il nome è stato scelto in omaggio alla breve ma intensa esperienza della rivista Elliot, fondata dieci anni prima, che pubblicava racconti inediti di grandi autori ma anche di scrittori emergenti.

Ci parli del tuo curriculum? Come si arriva a lavorare in un comitato editoriale?

Ho un passato professionale che, apparentemente non ha molto a che vedere con il lavoro che faccio oggi ma, quando ci rifletto, mi rendo conto che ogni esperienza ha contribuito a portarmi a fare quello che considero il mestiere più bello del mondo.

Come formazione provengo dal mondo musicale. Mi sono diplomata al Conservatorio in pianoforte e ho insegnato per molti anni. Grazie a questo ho avuto poi la fortuna di lavorare in redazione presso una casa editrice di riviste musicali che oggi purtroppo non esistono più. Ho preso il tesserino da giornalista e mi sono ritrovata a essere l’addetto stampa di due grandi artisti come Uto Ughi e Michele Campanella. Ho proseguito nel lavoro di ufficio stampa per circa quindici anni, concentrando man mano sempre di più le energie su quello editoriale, a cominciare dalle edizioni e/o, passando per Meltemi, Arcana fino a quando sono diventata responsabile dell’ufficio stampa di Fazi. Lì, dopo qualche anno, ho cominciato anche a leggere qualche libro straniero e a dare qualche parere di carattere più editoriale, finché non mi è stata data l’opportunità di curare la collana storica dei classici. Da quel momento non ho più smesso di occuparmi di libri come editor. Perciò, per rispondere alla seconda domanda, non so se esista un modo unico e più lineare del mio per arrivare a far parte di un comitato editoriale, ma sospetto che per molti la strada possa essere tortuosa quanto lo è stata per me.

Come ti mantieni aggiornata?

Credo come tutti, cioè leggendo dalla mattina alla sera di tutto: i manoscritti che arrivano spontaneamente oppure quelli inviati dagli agenti, le classifiche, giornali e riviste culturali italiane e straniere ma le scoperte più interessanti, almeno per me, nascono quasi sempre per caso. Come in un gioco di scatole cinesi, parto da uno spunto qualsiasi e finisco con lo scoprire qualcosa di nuovo, un autore non ancora tradotto, un libro dimenticato…

Molti libri Elliot giungono dall’estero. Hai riscontrato qualche differenza tra il lettore italiano e quello estero?

A giudicare da quello che si produce e si vende nei paesi anglosassoni o in Francia e Germania sembrerebbe esserci fuori un mercato più vitale, nel senso di più differenziato e decisamente più curioso. Da noi ho l’impressione che si stia assottigliando sempre di più quel pubblico di lettori forti, quello che non segue il mainstream, le classifiche, che consiste in alcune migliaia di lettori più attenti al nuovo e dunque più disponibile a comprare titoli di autori da noi ancora sconosciuti.

Inoltre all’estero ci sono molte riviste culturali, molti più supplementi di critica e gli spazi all’editoria sono molto maggiori rispetto a quelle che i nostri giornali dedicano ai libri. Pensiamo solo all’esistenza di riviste come la New York Review of Books, 60 pagine di critica letteraria e commenti su fatti legati alla cultura, o il Times Literary Supplement, 30 pagine per arte, spettacolo, storia ed editoria, per capire che lì ci sono lettori che non solo comprano libri ma si interessano a ciò che l’editoria implica al punto da far continuare ad esistere riviste così.

Come sono suddivise le collane Elliot?

Abbiamo una collana di narrativa contemporanea, Scatti, che racchiude l’essenza di quella ricerca di di cui parlavo prima e nella quale confluiscono autori italiani e stranieri. Poi c’è la collana Raggi, dedicata alla scoperta o al recupero di autori che hanno tutte le caratteristiche, per stile narrativo e qualità, per essere considerati classici di oggi e di domani.

Infine c’è la collana di saggistica, Antidoti, che ricerca testi considerati di riferimento su temi di scienze sociali, geopolitica, storia, economia, sempre comunque caratterizzati da uno stile quasi narrativo, avvicinabile anche dal lettore meno competente.

Un piccolo ma significativo spazio viene poi dato alle graphic novel e ai fumetti.

La questione manoscritti. Quanti ne arrivano? Li leggete tutti?

Ogni mese arrivano in media un centinaio di manoscritti. Confesso che li leggiamo per intero solo se l’autore è talmente bravo da farci superare lo scoglio delle prime cinque/dieci pagine, una soglia legittima per quella che chiamo la selezione naturale della specie. Chi non riesce a interessare il lettore fin dall’inizio evidentemente dà un’eccessiva importanza a se stesso e molto poca a chi gli dedica il suo tempo.

Tre qualità che deve possedere un manoscritto per non essere immediatamente scartato.

Stile, storia e voce.

Tre elementi che ve lo fanno rifiutare.

Autocompiacimento stilistico, futilità della storia, assenza di personalità nella voce narrante.

Le ultimissime novità Elliot.

Tra le varie novità in uscita prima delle vacanze estive, vorrei segnalare tre bravissime scrittrici italiane: Irene Chias, esordiente, con il romanzo “Sono ateo e ti amo”, Margherita Giacobino, una veterana dalla voce freschissima con “L’uovo fuori dal cavagno” e un’autrice alla seconda prova ma per noi una bella promessa, Marilù Oliva con “Tu la pagaras!”. Nella straniera invece vorrei segnalare un delizioso romanzo, anch’esso di una esordiente austriaca, “Il signor Mozart si è svegliato” dove si racconta di un Mozart proiettato nella Vienna dei nostri giorni, a cui piace molto suonare il jazz.

Un libro con cui avete osato.

Direi il meraviglioso Herbarium di Emily Dickinson. Bellissimo, costosissimo da realizzare. Una follia, dal punto di vista economico ed editoriale, se si pensa che è uscito a soli cinque mesi dall’inizio delle pubblicazioni.

Eppure ci ha dato delle enormi soddisfazioni, sotto ogni punto di vista.

Il libro più ironico.

Ce ne sono molti, anche perché personalmente adoro la letteratura umoristica. Se devo sceglierne uno però direi “Augustus Carp”, definito da Anthony Burgess uno dei capolavori comici del XX secolo.

Il libro che incute più paura.

Decisamente “Il ladro di anime”, seguito a ruota dal nuovo “Schegge” entrambi di Sebastian Fitzek.

Quello che ha dato più soddisfazioni in termini di vendita.

Senza dubbio “Il metodo antistronzi” di Robert Sutton che ha superato le duecentomila copie.

Un autore che avreste voluto pubblicare

Non so gli altri, ma personalmente adoro Elias Canetti e lo invidio (come moltissimi altri autori, del resto) ad Adelphi.

Cosa significa avere un’autrice tra i dodici finalisti del Premio Strega? Come ben sai, mi riferisco ad Angela Bubba che si è piazzata col suo romanzo “La casa”.

Partecipare allo Strega con una esordiente e con soli tre anni di attività alle spalle è stata un’altra follia, che ha provocato parecchie discussioni in casa editrice. Penso che però, alla fine, il bilancio sia positivo.

Ci ha dato conferma che il libro meritava l’attenzione che ha ricevuto e ci ha permesso di far conoscere il lavoro che stiamo portando avanti con gli italiani.

Progetti?

Ne abbiamo alcuni molto interessanti ma non sono ancora chiusi e dunque meglio non parlarne.

Cosa pensi della situazione editoriale italiana?

Penso che, in termini di produzione, l’editoria rispecchi solo in parte la stanchezza e la crisi che ha colpito l’Italia. Dal punto di vista dei contenuti, ogni editore (compresi i grandi) conserva un’area più o meno estesa di ricerca e proposta di qualità, ma sembra che il mercato sia sempre più distante e disinteressato a questo aspetto e lo si vede in termini di venduto. Nella narrativa i lettori sono sempre più concentrati sui titoli massmarket, sembrano non averne mai abbastanza di vampiri e aspiranti tali, comprano sempre gli stessi libri e sembrano interessati a un unico genere: è impressionante la percentuale di gialli presente in classifica. A guardare le classifiche della saggistica, è incoraggiante notare che ci sono molti segnali di interesse verso la politica, soprattutto di casa nostra. Dunque una crisi c’è e, secondo me, risiede nella progressiva scomparsa di una fetta di pubblico più curioso, disposto a rischiare su autori magari sconosciuti, e questo per una editoria di ricerca come quella che facciamo noi può essere fatale.

Ora alcune domande personali. Cosa fai quando non lavori?

Leggere vale? Poi cerco di passare più tempo possibile con mio figlio di sette anni; suono il pianoforte, cercando di non irritare me stessa e i miei vicini più del dovuto; adoro il cinema e mi piace molto guardare alcune serie di fiction televisive (soprattutto americane) che trovo davvero molto interessanti e straordinariamente ben fatte.

C’è qualcosa che ti piacerebbe fare e per cui non trovi tempo?

Passeggiare all’aria aperta.