Il diciassettesimo numero della collana “Bruce Lee e il grande cinema delle arti marziali”, curata da Gazzetta dello Sport e Stefano Di Marino, presenta il film che per primo ha fatto conoscere al mondo l’incredibile qualità e freschezza visiva del nuovo cinema thailandese d’azione. Stiamo parlando di “Ong-bak - Nato per combattere” (องค์บาก, 2003), esplosiva pellicola che regala fama internazionale ai suoi artefici: dal regista Prachya Pinkaew (che dopo due piccoli film negli anni Novanta diventerà regista di punta dell’ondata di film marziali thailandesi) al coreografo e cosceneggiatore Panna Rittikrai (l’uomo che ha scoperto e allenato le più grandi star marziali del suo paese); da Petchtai Wongkamlao (fra i più apprezzati comici del suo Paese) al protagonista assoluto del film: Panom Yeerum... che visto il successo internazionale del film e l’impossibilità di altre lingue di pronunciare correttamente il suo nome, si è velocemente scelto come pseudonimo Tony Jaa.
Un film che è diventato un cult movie in tempo record, dando il via ad una inarrestabile ondata di cinema di grande qualità proveniente dal sud-est asiatico.
Ong-bak è il nome della statua del Buddha di un piccolo villaggio della campagna thailandese. Quando dei criminali ne segano via la testa e la portano a Bangkok, gli abitanti del villaggio si sentono vittime di una grande sventura e scelgono un giovane che dovrà andare in città a recuperare il maltolto. Così inizia per il giovane Ting un viaggio allucinato attraverso la giungla cittadina, fatta di piccoli teppistelli e grandi criminali, di scommesse clandestine su combattimenti altrettanto clandestini. Durante il suo viaggio conoscerà Humlae (“Passero triste”) anche lui appartenente allo stesso villaggio ma che si è adattato alla confusionaria vita di Bangkok prendendo il nome di George. Insieme affronteranno vari pericoli fino a recuperare, anche a costo della vita, la testa di Ong-bak.
Un film dalla trama non certo innovativa né sorprendente, ma di certo non è sulla sceneggiatura che punta la pellicola: vero protagonista assoluto del film è il corpo agile, scattante e atletico di Tony Jaa. Dapprima lo vediamo impegnato in un gioco paesano fisicamente impegnativo, che paga subito il tributo al cinema marziale delle origini: sembra infatti uscire direttamente dalle prime scene de “Il ventaglio bianco” (Young Master, 1980) di Jackie Chan; poi lo vediamo esibirsi in capriole e salti acrobatici per le strade di Bangkok, infilarsi sotto le auto e sgusciare via attraverso lastre di vetro. Finito il repertorio acrobatico, inizia quello marziale: durante un combattimento clandestino a cui è costretto a partecipare, Ting farà subito sfoggio degli insegnamenti di muay thai ricevuti al villaggio, così che Tony Jaa possa subito mettere in chiaro il leitmotiv del film: tecniche acrobatiche che finiscono con gomitate e ginocchiate!
Panna Rittikrai, che già aveva usato un giovane Tony Jaa in precedenti film (come “The Spirited Killer”, 1994), esalta al massimo la fisicità dell’atleta addestrandolo in tecniche e combinazioni di grandissimo impatto visivo, esaltate da una sicura regia e dall’uso sapiente del rallentatore. Se si guarda il filmato di lavorazione delle tecniche usate nel film (purtroppo assente nell’edizione italiana del DVD, ma reperibile su YouTube) si vedrà un’impressionante qualità tecnica e ottimo senso del ritmo, ma rimane un mero esercizio da palestra senza un’oculata regia che sappia esaltare le tecniche. “Ong-bak” incarna alla perfezione l’altissimo livello qualitativo che può raggiungere un film quando vanta i tre elementi fondamentali del cinema marziale: un buon regista, un buon coreografo, un buon atleta.
Racconta in un’intervista l’attore marziale Jet Li che agli inizi degli anni Duemila ricevette una telefonata di Luc Besson: l’ex regista francese, ora esclusivamente produttore e sceneggiatore, gli chiedeva cosa ne pensasse di un nuovo film che gli era capitato di conoscere, il thailandese “Ong-bak”. L’attore cinese rispose che lo considerava veramente un buon prodotto, e così Besson decise di distribuirlo in Europa.
Non sappiamo se Luc Besson si sia veramente affidato alle opinioni di Jet Li, sta di fatto comunque che la casa francese Europa ha la lungimiranza di distribuire in Europa il film di Pinkaew (sostituendo interamente la colonna sonora con canzoni di rapper francesi come i Tragédie, che firmano il tema del film “Je reste ghetto”, al cui videoclip partecipa Tony Jaa in persona), riscuotendo un successo al di là di ogni aspettativa ed aprendo la strada al nuovo cinema thailandese. L’eco di questo fenomeno è talmente intenso che riesce a superare le rigide barriere italiane a qualsiasi tipo di marzialità cinematografica: “Ong-bak” si vede affibbiare il sottotitolo di dubbio gusto “Nato per combattere” e viene distribuito nel nostro Paese in una calda settimana agostina del 2004. Ben pochi, ovviamente, hanno avuto possibilità di vederlo ma per fortuna l’ottima casa distributrice 01 ha confezionato una discreta edizione DVD: trattamento decisamente migliore di quello cinematografico, con la sua manciata di giorni di programmazione.
Durante una tournee che ha toccato le principali capitali mondiali (tranne ovviamente l’Italia) Tony Jaa ha partecipato alle prime proiezioni salendo sul palco del cinema ed esibendosi dal vivo nelle tecniche usate nel film, da solo o con il suo fedele team di stuntman. Questo per dimostrare che non erano stati usati né cavi né effetti speciali nelle scene di “Ong-bak” e che lui era in grado di fare davvero ciò che veniva mostrato su pellicola. Molte di queste esibizioni si possono vedere su YouTube, per poter apprezzare le indiscutibili dote atletico-marziali di un nome che rimarrà indelebile nelle cronache del cinema marziale.
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