Lo scorpione d’argento di Fabrizio Di Marco (Rogiosi 2014) è il giallo che tutti i cinefili, amanti del thriller italiano anni Settanta, aspettavano da anni. Un’opera che già dal titolo si presenta come un omaggio ai film di Dario Argento, rievocando temi e atmosfere tipici non solo delle opere del maestro del brivido, ma di un intero decennio della nostra cinematografia (e ormai assurti a veri e propri topos del genere), impiegati da autori come Umberto Lenzi, Armando Crispino, Sergio Martino (solo per menzionarne alcuni), e fondendoli in una trama originale, ricca di suspense e dal ritmo serrato.
Precisiamo subito un punto importante: per leggere Lo scorpione d’argento non occorre essere necessariamente amanti del giallo nostrano anni Settanta, né aver visto i film di Dario Argento o dei suoi colleghi sopra menzionati. Difatti il gioco di rimandi e citazioni cinefile operato da Di Marco nel romanzo (e svelato al lettore meno esperto dalle citazioni tratte da film anni Sessanta e Settanta che punteggiano la narrazione) rappresenta soltanto la cornice di una storia che riesce ad appassionare e a stupire a ogni pagina.
Come L’uccello dalle piume di cristallo e Profondo Rosso, anche Lo scorpione d’argento parte raccontando le vicende di un uomo qualsiasi che si ritrova suo malgrado testimone di un delitto e che, proprio come nei film di Argento, è costretto a imbarcarsi in un’indagine personale, tentando di far emergere dal proprio subconscio un dettaglio rivelatore che ha notato sulla scena del crimine, ma che non riesce a ricordare. Inoltre, come in molti thriller nati sulla scia di Argento, la descrizione degli omicidi è svolta "in soggettiva" dal killer, in modo da amplificare il senso di angoscia nel lettore/spettatore, e la molla che fa scattare i delitti sembra nascere da un trauma lontano, nascosto tra le pieghe di un passato quasi dimenticato. Ho scritto "sembra" perché nel romanzo di Di Marco nulla è mai come appare all’inizio: al di là dell’impalcatura "argentiana", l’intreccio prende quasi subito strade originali e impreviste, testimoniando semmai la passione dell’autore per il thriller americano alla Jeffery Deaver, in cui i colpi di scena si susseguono senza sosta, fino all’incredibile finale.
La trama
Un incubo ingoia rapidamente Davide - informatico alle dipendenze di una piccola azienda bolognese - e con lui il lettore. Vita ordinaria quella del protagonista, sconvolta, una sera, dall’orrendo spettacolo della morte di un passante travolto da un’auto pirata. Da questo momento in poi la vita di Davide diviene un susseguirsi di eventi angoscianti e frenetici: gli interrogatori senza risvolti da parte della polizia, le telefonate anonime, e infine l’orribile massacro di un prezioso testimone (l’unica persona forse in grado di aiutarlo).
Per quale motivo Davide è diventato, suo malgrado, il protagonista di un incubo che somiglia a un film dell’orrore? Perché sogna ossessivamente uno scorpione d’argento? Chi è l’infernale assassino che agisce con furia lucida e spietata?
L’autore
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Fabrizio Di Marco è nato a Pescara nel 1972. Fisico e insegnante, si occupa da anni di narrativa poliziesca e di cinema. È stato tra i collaboratori della rivista Nocturno Cinema, e nel 2011 ha pubblicato il thriller Spiando la notte (Noubs).
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