Il 1° aprile è la data degli scherzi, e può capitare che siano proprio degli scherzi (più o meno innocenti) a lanciare un autore. ThrillerMagazine, per festeggiare questa data, racconta la storia di due autori arrivati in Italia... grazie a uno scherzo.
Partiamo dalla Parigi del 1950, precisamente nel 9° arrondissement la sera del 29 marzo. Siamo davanti ad uno dei più celebri e chiacchierati teatri della città: il Théâtre du Grand Guignol, che da più di cinquant’anni sta scandalizzando (e intrattenendo) l’opinione pubblica.
Si è conclusa la rappresentazione serale e la giovane bionda 23enne attrice protagonista Nicole Riche esce dalla porta sul retro: ad attenderla c’è un ammiratore sconosciuto che prontamente la rapisce. Passano tre giorni e finalmente la donna riappare, presentandosi esattamente il 1° aprile alla stazione di polizia di Pigalle, succintamente vestita. Denuncia un rapimento da parte di alcuni “puritani” che l’hanno tenuta segregata in una stanza rimproverandole la sua vita scandalosa e la sua arte scabrosa. Dopo essere riuscita ad evadere da quella prigionia ed aver vagato in una foresta vicino Parigi, eccola lì a raccontare tutto.
Il commissario di polizia Marcel Cambon non si lascia incantare dalla recitazione della donna e la torchia per bene: se ha vagato per la foresta, come mai le suole delle sue scarpe e i suoi vestiti sono pulitissimi? Non ci vuole molto perché la Riche crolli e confessi: è stata tutta una trovata pubblicitaria di Alexandre Dundas, il manager del Grand Guignol, un publicity stunt, come lo definisce il “The Sunday Times” ricostruendo gli eventi il 2 aprile 1950.
Di queste “operazioni di marketing” ne esistono un’infinità, ma questa in particolare ha un curioso effetto collaterale. Nel riportare la notizia - quando ancora non si sapeva che era una truffa - i giornali italiani non hanno potuto fare a meno di sottolineare la partecipazione dell’attrice ad una messinscena scabrosa e di cattivo gusto. «È una storia orripilante, un ammasso di crimini e di delitti che si susseguono puntualmente ad ognuno degli undici quadri che compongono i tre atti», così scrive in prima pagina “la Stampa” (31 marzo 1950), proseguendo in descrizioni colorite e disgustate di uno spettacolo teatrale che lascia sottintendere che la Riche, partecipandovi, un po’ se l’è andata a cercare.
Mentre la povera Riche finisce condannata per oltraggio a pubblico ufficiale (come ci informa “The Advertiser” del successivo 4 aprile), la vera domanda che nasce spontanea è: ma quale sarà l’orripilante soggetto di questa sanguinolenta messinscena? Quale sarà il testo che sta scandalizzando l’opinione pubblica parigina tanto da rendere plausibile la reazione violenta di fantomatici “puritani”? Si tratta dell’adattamento teatrale di un romanzo già utilizzato dal cinema due anni prima: mentre la versione filmica spopola in sala, quale miglior trovata che sfruttare quel successo anche a teatro?
Ma allora quale sarà mai questo romanzo dalla trama così esecrabile? Si tratta dell’opera prima che nel 1939 un librario londinese appena trentenne - un certo René Brabazon Raymond - riesce a far pubblicare, dando vita ad una lunga e sterminata bibliografia firmata con il nome più pulp di James Hadley Chase.
Niente orchidee per miss Blandish racconta le sventurate vicissitudini della figlia di un miliardario che viene rapita e diventa frutto della discordia di una famigliola di spietati criminali, i Grissom. Il citato numero del “The Sunday Times” usa proprio il titolo del romanzo per creare lo strillo perfetto per l’accaduto: «No Orchids When Miss Bladish Goes Too Far», niente orchidee quando miss Blandish si spinge troppo in là.
Sarà un caso, sarà una coincidenza, ma lo stesso 1950 dello “scherzo” della Riche, quando cioè la stampa italiana scopre James Hadley Chase, l’Istituto Editoriale Italiano pubblica il romanzo che ha generato tanto scalpore - con la traduzione di Bianca Avancini Tedeschi - aprendo così all’autore britannico le porte dell’editoria italiana.
La critica ovviamente non sembra apprezzare molto il testo. Uno dei primi ad emettere un giudizio è Mario Praz, che chiama l’autore Raymond ed è convinto sia francese. Per scrittori come lui «l’America è una specie di Abbazia di Thélème dove tutto è lecito, dove uomini e donne sono in continua fregola, si ubriacano; uccidono, più o meno coll’inestinguibile energia degli eroi del marchese di Sade». Secondo Praz, comunque, Chase modernizza classici della narrativa americana: No orchids, per esempio, è in realtà «un calco deformato di Sanctuary del Faulkner» (“La Stampa”, 28 novembre 1950).
Nel 1962 il romanzo viene fatto conoscere ad un più ampio pubblico dalla collana “I Capolavori del Giallo” della Mondadori, che lo pubblica nel numero 206, iniziando una lunga serie di ristampe: l’ultima, con la traduzione dell’ottimo Bruno Just Lazzari, è di quest’anno nel numero 6 de “I Gialli del Corriere della Sera”, che in realtà è la ristampa dell’edizione Bassotti (Polillo) n. 20 del 2004.
Mediante una truffa, quindi, arriva in Italia un autore votato al crimine più pulp: quale modo migliore?
Il secondo autore giunto in Italia per via di una burla è Paul Kenny, pseudonimo collettivo degli autori belgi Gaston Van den Panhuyse (1913-1995) e Jean Libert (1913-1981).
Stavolta il pubblico italiano già ha familiarità con i libri firmati Kenny, perché il protagonista - l’agente segreto Francis Coplan - ha già calcato i cinema nostrani sin dal 1958 con i film a lui dedicati. Quando il 4 marzo 1965 le agenzie battono la notizia che a Milano l’editore Ripalta ha firmato un accordo con «i rappresentanti degli editori francese, inglese e americano per la pubblicazione anche in lingua italiana della più importante collana di libri di spionaggio del mondo, la “Serie Verde Spionaggio”», qualcosa si mette in moto.
Per lanciare il personaggio, il quotidiano “La Stampa” si presta ad uno scherzo davvero particolare.
Mentre il 4 marzo viene annunciato l’arrivo in edicola del primo volume italiano della serie di Paul Kenny, Agente Coplan, missione spionaggio («Si alza così il velo sul misterioso e terribile e mondo delle ombre»), il successivo sabato 6 marzo il quotidiano racconta la “riunione segreta” internazionale - a Ginevra, in un grande albergo del Quai Mont Blanc - che ha stabilito i termini della pubblicazione delle avventure scritte da Kenny.
«Poiché nella collana vengono descritti i metodi usati dagli agenti segreti della DECA (e specialmente dal loro “numero uno” Francis Coplan) che risultano di una violenza inaudita, con particolari agghiaccianti sulla soppressione di testimoni a volte inconsapevoli e sui metodi di tortura fra i più efferati, [gli] editori si sono impegnati a limitare nei rispettivi paesi il numero del volumi messi in vendita nelle edicole perché essi non vadano nelle mani di tutti (e quindi anche di persone facilmente impressionabili) ma solo di quei lettori che sono appassionati ed esperti di spionaggio.» Quale miglior lancio per una spy story?
Arriviamo al 31 marzo e ci sentiamo raccontare che addirittura Francis Coplan in persona è appena atterrato a Linate! «Coplan ha incontrato a Milano in serata, nella sede di via Morosini 18, il suo editore Ribalta che gli ha consegnato personalmente le prime dieci copie in lingua italiana del volume Coplan gioca la sua carta di Paul Kenny (da questa vicenda è stato tratto il film Uccidete agente segreto 777 – Stop con Ken Clark) e che da oggi stesso è già in vendita in tutte le edicole della penisola. Francia Coplan è ripartito durante la notte con il Simplon-Express diretto a Parigi.»
Che un quotidiano a tiratura nazionale si presti a questi giochi letterari è davvero stupefacente...
Arriva il 2 aprile e bisogna sferrare il colpo finale. «Misteriosa scomparsa di libri compromettenti» è lo strillo de “La Stampa”.
Il giornale racconta che il giorno precedente, il fatidico 1° aprile, alcuni non meglio identificati “individui” «hanno fatto incetta, presso le edicole, di tutte le copie dei volumi Coplan gioca la sua carta di Paul Kenny della Serie Verde Spionaggio (Edizioni Ripalta), acquistandole in blocco». Lanciandosi in mille supposizioni di complotti provenienti dal “mondo delle ombre” dello spionaggio, il quotidiano conclude che il gesto è stato eseguito perché il romanzo in questione rivela troppi particolari compromettenti.
Ancora il 30 maggio il gioco continua, con l’editore Ripalta che approfitta dello spazio sul giornale per sconsigliare l’acquisto del romanzo Coplan gioca la sua carta ai lettori impressionabili, ma ormai la mascherata è troppo palese perché possa continuare: la burla Coplan si conclude, ma l’effetto desiderato è raggiunto.
Negli anni Sessanta Colpan sarà un grande eroe della letteratura da edicola, e dal 1971 con il romanzo La lunga notte dell’agente Coplan inizia il suo viaggio nella collana Segretissimo Mondadori, prima della scomparsa con gli anni Ottanta.
Chi lo sa che un altro pesce d’aprile non lo riporti in vita...
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