La tradizionale rivalità tra Triadi e Manchu sembra persino affievolirsi quando, ai primi del ’900, l’imperatrice vedova Cixi organizza con l’aiuto del generale Tung, Capo della Collina della società dei Giovani Pugni Armoniosi, i Boxer, la rivolta contro gli stranieri. Fanatici praticanti di Kung Fu, animati egualmente da spirito di rivalsa, patriottismo e desiderio di mettere le mani sulle finanze di uno stato ormai giunto a limiti insopportabili di corruzione, i Boxer assediarono Beijing in seguito a numerose violente sommosse. Furono 55 giorni di battaglia, chiusi dalle cannonate delle alleanze occidentali tra le quali figuravano l’Italia, l’America, ma soprattutto, il Giappone. Questo aveva ben altre mire e, con la caduta dell’impero e la nascita di una repubblica presto divisa tra i signori della guerra, si preparava a sferrare un micidiale assalto all’Asia dalla Manciuria.
Ci sarebbero voluti anni, naturalmente e, in quel lasso di tempo, il presidente Sun Yat Sen fu costretto a venire a patti con un giovane e abile signore della guerra del nord, il generale Chiang Kai-Shek, che gli succederà creando il Kuomintang, il partito nazionalista, ferocemente avverso a comunisti e giapponesi. Chiang però vantava amicizie influenti all’interno della Banda Verde, in particolare con Tu Yue Zhang che a Shanghai controllava case da gioco, bordelli di lusso, traffico d’oppio e pedofilia.
Tu “Grosse Orecchie” era un duro. In passato aveva sbaragliato la Banda Blu valendosi dell’appoggio di Charlie Soong, Capo della Collina della Banda Rossa. Grazie ai soldi di Charlie Soong, Tu finanziò il Kuomintang aiutando Chiang Kai-Shek a insediarsi al Nord e a decimare con brutalità i comunisti di Mao che si erano arroccati nel sobborgo di Pudong, presso il mercato della frutta, finanziati dal Komintern russo. In cambio, però, chiese di diventare padrone assoluto della città. Il Bund, in particolare la legazione francese, divenne il suo territorio inviolabile, Charlie Soong fu eliminato e, grazie a una dilagante corruzione tra le forze di polizia, la famiglia Zhang acquisì il monopolio sul traffico dell’oppio che entrava in Cina, stabilendo anche stretti legami con le famiglie mafiose di New York e San Francisco che, autorizzate dai servizi segreti americani, fornivano materiale bellico e attrezzature meccaniche al Kuomintang.
Tempi folli, tempi di violenza raccontati in alcuni dei film più suggestivi dell’epoca d’oro del cinema di Hong Kong, quasi sessanta anni dopo. Shanghai Grand di Poon Man Kit interpretato dal divo Andy Lau che qui rivela un’incredibile rassomiglianza con Clarke Gable e Gunmen di Kirk Wong, forse il regista che più di tutti ha saputo raccontare la storia vera delle Triadi a Shanghai e a Hong Kong senza cadere nella spettacolarità fine a se stessa. Entrambi prodotti da Tsui Hark sono tra i migliori film sull’epopea delle Triadi negli anni ’30 a Shanghai.
Nel 1945 le Triadi tenevano già saldamente in pugno la colonia inglese malgrado i quattro anni di occupazione giapponese. Quando i britannici tornarono, il mondo era cambiato. Il nazifascismo a Oriente e a Occidente era stato sconfitto e si profilava un nuovo avversario contro il quale i servizi segreti europei e americani ritennero di far fronte comune anche venendo a patti con gli antichi avversari. Stalin aveva vigorosamente in pugno l’Unione Sovietica dalla quale stava lanciando un attacco globale per diffondere il Comunismo e Mao Ze Dong stava combattendo un’ultima definitiva battaglia contro Chiang Kai-Shek e i nazionalisti cinesi che, malgrado gli appoggi finanziari della Banda Verde, ormai avevano perso l’iniziativa.
Nel 1949 il governo inglese arroccato nella colonia strappata quasi cento anni prima durante la Guerra dell’Oppio decise per una politica di “libero ingresso”. Tale iniziativa si protrasse per pochi anni ma ebbe, sotto il profilo della criminalità, risultati disastrosi. Dal fiume delle Perle che attraversava Canton arrivarono a decine di migliaia: profughi cinesi che ritenevano la vittoria del Comunismo una minaccia per le loro esistenze e i loro averi. Hong Kong diventava un approdo da cui ricominciare una nuova vita.
Alcuni - la maggior parte in verità - giungevano in condizioni miserande su barconi debordanti, a nuoto inseguiti dagli squali e dalle pattuglie della polizia cinese, altri approdavano, invece, come privilegiati, con le loro ricchezze e i loro guardaspalle. Erano i capi delle vecchie Triadi di Shanghai e del resto della Cina. Partendo da Hong Kong speravano di costruire un impero. Sarebbe stata una battaglia durissima perché le gang del territorio non erano disposte a cedere troppo facilmente il terreno. In più c’era una grossa differenza culturale tra i nuovi arrivati e i meridionali cantonesi. I gangster della vecchia tradizione cantonese erano principalmente divisi tra l’organizzazione Wo, il Son Yee Ho e gli Hakka che erano da sempre un popolo di navigatori e pirati.
Tutti questi gruppi discendevano dall’Hung Mun originaria di Hong Kong ma si trovavano di fronte a un doppio fenomeno d’invasione con cui fare i conti. Innanzitutto c’erano altri cinesi meridionali, che furono i primi ad arrivare a Hong Kong e, per lingua e tradizione, i primi a integrarvisi. Erano i Chiu Chaw, un gruppo etnico appartenente alla provincia meridionale di Swatow la cui criminalità era già impiantata a Canton e che facevano affari soprattutto con gli Hakka mescolati con gli “zingari del mare”, gli Hoklo, quel gruppo sociale che viveva sulle imbarcazioni nei rifugi per il tifone come quello di Aberdeen e che costituivano la spina dorsale del commercio marittimo delle Triadi e del contrabbando con il resto dell’Asia.
Naturalmente questi gangster “meridionali” avevano già una loro organizzazione che in quegli anni si consolidò prendendo il nome di 14K, appellativo derivato da una commistione tra segni cabalistici del Tao e il simbolo dell’oro. Il fondatore di questa Triade si chiamava Kot Siu-wong e trovò presto un accordo con i Capi della Collina delle organizzazioni preesistenti, stabilendo un patto di non aggressione in quella che si prospettava come una sanguinosissima guerra tra i “meridionali” e i gangster provenienti da Shanghai e dal Nord. In particolare le vecchie Triadi temevano due organizzazioni. Il Grande Cerchio, la Triade più diffusa nel nord della Cina sino a Beijing e la gang di Yu Zhang, capo della Banda Verde, che, dopo aver rotto i rapporti con Chiang Kai-Shek sperava di mettere mano sui ricchi territori della colonia e replicare le sue fortune criminali di Shanghai.
Tutta questa massa di persone arrivava con un seguito di disperati che si ammassavano in quartieri ghetto come Mongkok, all’epoca parzialmente canalizzato e luogo di prostituzione, con bordelli e sampan galleggianti adibiti al meretricio. Il dato più rilevante era che tale congrega di persone dedite ad attività illegali non parlava e non capiva le tradizioni e la lingua dei gangster locali.
Spaventati dalla polizia quanto dai criminali, questi profughi erano facile preda di tutte le gang. Stava per scoppiare una guerra sanguinosa tra le Triadi.
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