La spy story che copre l’arco temporale tra l’inizio del ventesimo secolo e la Seconda guerra mondiale si sviluppa secondo tematiche che saranno riprese ma fortemente riadattate nelle storie ambientate durante il conflitto e la conseguente divisione dei blocchi. Cambiano i tempi e, pur restando identiche alcune meccaniche della suspense, è logico che avvenga una modifica dei canoni del filone.
Mi piace ricordare una serie di storie scritte recentemente ma che dimostrano quanto alcuni artifizi narrativi e certe suggestioni possano sopravvivere anche oggi.
Sto riferendomi alle avventure di Max Fridman, un agente segreto che vive le sue avventure intorno al 1938, a cavallo tra la Guerra civile di Spagna e lo scoppio del Secondo conflitto mondiale.
Fridman nasce dalla penna e dall’immaginazione di Vittorio Giardino autore di fumetti noir (Sam Pezzo) ed erotico-sentimentali (Little Ego, Eva Miranda oltre a una gustosa serie di racconti senza personaggio fisso) degli anni ’80.
Giardino è un “fumettista”, categoria sempre un po’ disprezzata da critici e scrittori. Ciò con un evidente pregiudizio perché le tavole sceneggiate e disegnate da Vittorio Giardino sono opere degnissime e avvincenti.
Il ciclo di Max Fridman presenta un eroe che risente molto delle suggestioni letterarie di Graham Greene e di Eric Ambler (due esponenti della spy story letteraria ma che si lega per ambientazioni e temi al miglior filone di quella avventurosa) ma che ha saputo cogliere suggerimenti sull’atmosfera, sul ritmo e sull’intreccio da moltissimi altri romanzi di spionaggio.
Rapsodia ungherese [1982] è forse l’episodio migliore. Seguito da La porta d’Oriente [1985] e dal lungo No Pasàran [3 volumi, 2000-2008], riesce a dipingere un affresco convincente di Budapest nel ’38, imbastendo una storia realmente complessa. Vi incontriamo agenti del servizio segreto francese, bolscevichi, reduci della guerra di Spagna delusi dal Comunismo, nazisti, e principi prussiani oltre a un variegato panorama di belle donne che sono ormai un ingrediente fondamentale della spy story moderna.
La spy story fatta di appuntamenti in vicoli nebbiosi, travestimenti, doppi e tripli agenti, l’inutilità di tutto il “Gioco” e un romanticismo di fondo mai troppo esasperato fanno dell’opera di Giardino un punto fermo per chi voglia conoscere il genere e una tappa per il lettore che non abbia tempo od occasione di ripescare i classici. Emergono, nelle avventure di questo agente a riposo ripescato dalla Ditta (agenzia francese non meglio identificata) così simile al suo autore, elementi che il lettore si aspetta ma elaborati con un’abilità che trasforma storie “di filone” in plot originali e godibilissimi.
Max Fridman, con la sua sfiducia negli ideali politici, il suo disincanto di fronte a un mondo sull’orlo della follia bellica è un eroe moderno, molto di più dei personaggi dei romanzi d’epoca. Eppure veste gli abiti dei suoi “colleghi” contemporanei e calca le medesime atmosfere. La sua saga, benché limitata a tre storie, è illuminante e godibilissima per chi voglia assaporare quell’atmosfera che la guerra mondiale e il duro gioco delle spie cambiarono per sempre.
Per gli appassionati di spionaggio conta forse più l’atmosfera che l’intrigo e quelle nebbie esaltate dal bianco e nero, l’ambiguità dei personaggi, le città sventrate racchiudono il segreto di un piacere coltivato con passione. L’intrigo che s’incarna nell’ambiente che lo genera.
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