Prima dell’esordio nel 2000, insignito del Premio Tedeschi, Giulio Leoni ha viaggiato in ogni continente dello scibile umano. Da quella data al suo ricco curriculum ha aggiunto anche “autore di thriller”, spesso a sfondo storico con divertite spruzzate di magico.
Abbiamo incontrato l’irresistibile autore della tetralogia di “Dante Alighieri indaga” e di tanti altri romanzi che spaziano in più generi (dall’infanzia al fantasy), per conoscerlo meglio.
Chi è Giulio Leoni e cos’ha fatto prima di esplodere in campo letterario nel 2000?
Diavolo, non mi sento ancora pronto per stendere un’autobiografia! Mi vengono in mente più le cose che non ho (ancora) fatto, di quelle che ho fatto. Di queste ultime te ne dico una, cui attribuisco grande importanza ai fini dell’attività narrativa: nonostante la mia laurea in lettere e filosofia (o forse proprio per quella), per molti anni mi sono occupato di organizzazione aziendale. Questo mi ha costretto ad avvicinarmi a una gamma di discipline legate al mondo dell’impresa, dalla teoria dei sistemi a quella della comunicazione, dalla sociologia del lavoro all’informatica, dalla semiotica a rudimenti di economia e diritto, insomma a cercare di capire perché gli uomini e le donne veri compiono o non compiono determinate azioni e come e perché. Naturalmente non ci sono affatto riuscito, ma il tentativo fatto mi è stato poi utile quando ho cominciato a raccontare di donne e uomini inventati.
Il tuo esordio è legato ad un giallo storico, e si può dire che ogni tuo romanzo ha una importante parte storica al suo interno: quanto è importante la Storia (con la S maiuscola) per te?
Per carattere io sono affascinato da tutto quello che non so. Sarà certamente un residuo infantile, il gusto per le favole, per i cassetti chiusi e le soffitte in cui è proibito salire.
Il mistero e l’esoterismo sono parte integrante della tua scrittura, ma si sente sempre un fondo di razionalità: come ti poni di fronte all’elemento fantastico in letteratura?
Di qui la mia predilezione per il fantastico in tutte le sue forme, e invece l’odio per il “fantasioso”, le banalità di nanetti e draghi parlanti. Utilizzando una metafora, direi che un grande racconto fantastico deve essere un po’ come la Statua della Libertà: dentro una struttura d’acciaio e fuori una forma di rame dall’aspetto seducente.
In sintesi: sono un razionalista che ha piena consapevolezza di tutti i limiti e tutte le fallacie della ragione.
L’essere apprezzato romanziere non ti ha mai fermato dal produrre racconti brevi in gran quantità e di gran qualità: in quale “taglio” letterario ti trovi più a tuo agio?
Romanzi e racconti sono due strutture narrative completamente diverse, anche se a prima vista potrebbero sembrare l’uno un semplice sviluppo dell’altro. Insomma un romanzo non è un racconto lungo, come un racconto non è un romanzo breve. Personalmente molto dipende dallo stato d’animo e dal momento: a volte si hanno delle idee immediate, circoscritte (se fossi un romantico direi delle folgorazioni, il “radiogramma dalle stelle” di cui parlava Rilke), e allora la forma-racconto è quella che si presta meglio, mentre tentare di trasformarle in romanzo le appesantirebbe inutilmente. Altre volte invece la storia si presenta ancora frammentaria, e cercando di metterla insieme si scoprono delle lacune che bisogna colmare, vengono fuori personaggi a cui non si era pensato, la trama necessita di altri elementi per stare insieme, insomma le pagine cominciano ad accumularsi. E così viene fuori un romanzo.
Chi è J.P. Rylan e qual è il tuo rapporto con lui? Com’è nato l’autore il cui terzo romanzo è da pochi mesi in libreria?
Anche i tuoi romanzi stanno conoscendo una ristampa in eBook: come ti poni di fronte all’editoria digitale? Secondo te si rivelerà una moda passeggera o una rivoluzione?
Il libro elettronico è destinato a sostituire ineluttabilmente il libro cartaceo, per gli stessi motivi per cui la stampa sostituì il manoscritto. Pur essendo più brutto è più veloce e costa meno. E di fronte a soldi e velocità anche il più raffinato degli esteti alla fine se ne fa una ragione. Il libro tradizionale resisterà ancora qualche anno, per dare tempo a tutto il baraccone di tipografie, distributori, cartiere e bookshop di riconvertirsi in altro, un po’ come fecero all’epoca i fabbri ferrai trasformandosi in garagisti. Il libro come lo conosciamo resterà soltanto come puro objet d’art, con legature preziose, stampa al torchio ecc., più affine insomma ad un quadro o una scultura che a uno strumento di comunicazione. Tutto il resto evaporerà nella Rete.
Progetti futuri? Sarai nauseato da questa domanda, ma devo fartela: tornerà il tuo Dante in un quinto romanzo?
In chiusura, ricordiamo che Giulio Leoni è ancora in libreria con La porta di Atlantide targato Mondadori (ISBN 9788804608837), mentre recentemente è uscito nei migliori bookstore digitali il suo nuovo eBook, Verrà stanotte un Dio oscuro, curato da MilanoNera (milanonera.hotmag.me/?p=7844).
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