La sopravvivenza è un’infinita capacità di sospettare.
John le Carré
Una volta, a Londra, Charing Cross Road era la strada delle librerie. Si trovavano allineate una dopo l’altra, con quelle vetrine dimesse che non avevano bisogno di luci e orpelli per attirare i clienti. Adesso di librerie ne sono rimaste poche, e presto spariranno del tutto. Sostituite da kebab, pizzerie, falsi ristoranti italiani, negozi di souvenir e rivendite di elettronica. Sta già accadendo. Non solo in Charing Cross Road ma in tutto il centro di Londra. Sono le conseguenze di un’invasione biblica di cavallette che si chiama “turismo di massa”. La sovrappopolazione e il consumismo, anche dopo l’inizio della crisi, provocano la diffusione a metastasi di moltitudini chiassose, stupide e vandaliche capaci unicamente di affollare il mondo senza conoscerlo.
Io adoro i libri e detesto la gente. Per questo ho scelto una professione che mi permette di oscillare fra i due estremi del mio carattere. Ho molto tempo libero a disposizione per leggere. Dopo essermelo pagato uccidendo su commissione.
Mi occupo di quello che ufficialmente nessun organo istituzionale può effettuare. Agisco per conto di certi organismi pubblici che pretendono l’assurdo controsenso di essere definiti segreti al solo scopo di mantenere una credibilità e soprattutto una collocazione negli organigrammi statali. Per inquadrarli servirebbero altri aggettivi, più complessi ed irreperibili nei vocabolari di qualsiasi lingua.
Lavoro per tutti. Il più delle volte, si tratta di quelli che sembrano avversari inconciliabili. In realtà fingono di esserlo per giustificare i rispettivi bilanci e non perdere le cospicue erogazioni di cui beneficiano. A questo si riduceva la Guerra Fredda, cui ho dato un buon contributo.
Sono così vecchio? Certo. Per uccidere non servono né la gioventù, né i muscoli, né le armi. Per esempio, si può provocare una morte da soffocamento con un colpo alla trachea. Non forte. Purché deciso. Scambiato inizialmente da chi lo subisce per il gesto brusco che si compie nello scacciare una mosca. Le vere tecniche dell’assassinio non c’entrano con i film, i romanzi e le favole di Internet.
Camminavo lungo Charing Cross Road il pomeriggio del 31 dicembre. Ero stato ad un concerto di fine anno nella cappella di St. Martin-in-the-Fields, vicino alla National Gallery. Se ne tengono spesso, a volte di seguito nel corso della stessa giornata. Londra, fra le altre cose, è piena di nicchie per il respiro dell’intelligenza. Destinate a soccombere come le librerie di Charing Cross Road. Per la quale adesso risalivo, con le memorie delle mie passate escursioni tra scaffali polverosi e interrati soffocanti, pervaso dalla trepida ansia del collezionista.
Avevo scelto per l’appuntamento la “Murder One”, che di lì a un mese esatto avrebbe chiuso i battenti. Dovevamo incontrarci alle diciassette e trenta, o meglio alle cinque e mezza pomeridiane, secondo l’orario inglese. Personalmente ho sempre utilizzato la suddivisione della giornata in ventiquattro ore. È più precisa.
Intorno a me, il Capodanno londinese già stava prendendo corpo. Non un solo corpo, bensì quelli invasati della feccia indigena e della sua varietà globale. Gente venuta da tutto il mondo a festeggiare nella metropoli più visitata. Si sentivano scoppi di mortaretti, l’aria puzzava di traffico, di profumi sudati e di birra. Non faceva neppure molto freddo, il che avrebbe reso ancora più infernale Piccadilly Circus a mezzanotte. Si sarebbe radunata una bolgia d’invasati liberi di urlare la propria idiozia al cielo inquinato di Londra nella convinzione che il nuovo anno avrebbe avuto qualche senso per le loro esistenze prive di significato.
Nella libreria c’era il solito parco movimento di appassionati del giallo, per i quali l’ultimo dell’anno costituiva solo un rumoroso intoppo al loro culto dell’unica letteratura che dà veramente un’idea del marcio che serpeggia tra le fila dell’umanità. Anche loro, tuttavia, imboccavano l’uscita uno dopo l’altro con i tesori cartacei nelle buste. Avevano fretta di rincasare prima che il Capodanno diventasse uno tsunami di allegria alcolica dal quale non vi sarebbe stato scampo.
Scesi nell’interrato e trovai soltanto una persona.
Quella che mi attendeva.
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