Prologo del romanzo Il Professionista: Operazione Barracuda di Stephen Gunn (Stefano Di Marino), per gentile concessione di Arnoldo Mondadori Editore: il romanzo sarà a novembre in tutte le edicole, nel numero 1593 della storica collana “Segretissimo”.
PROLOGO
San Pietroburgo
La giovane donna che uscì dall’Hotel Moskva era di una bellezza stupefacente. Con i Dr Martens raggiungeva quasi il metro e ottanta. Pantaloni aderenti, cintura di cuoio con fibbia in argento e una dolcevita nera, si muoveva con l’incedere di una moderna zarina. Il soprabito di pelle a lunghe falde ornato con catenelle e zip d’acciaio evocava la cappa di un’eroina cyberpunk. Anche tra le centinaia di bellissime ragazze russe che all’inizio dell’estate giravano tra il lungofiume, la Nevskij Prospekt e l’isola Vasilevskij, con la capigliatura bionda e fluente, il viso fine e gli occhi azzurrissimi, era impossibile non notarla.
Nikki Krueger, ufficialmente nota giornalista del “Kurier” di Vienna. Ascendenze austrorusse, aveva nel sangue anche qualche traccia delle origini centroasiatiche del ramo materno della famiglia. Il taglio leggermente obliquo degli occhi contrastava con i capelli color del grano e la pelle chiara: irresistibile.
San Pietroburgo era quasi la sua seconda casa. A ventisette anni Nikki era la punta di diamante della Divisione sicurezza europea. L’avevano reclutata all’università considerando la combinazione tra qualità intellettuali, avvenenza fisica e attitudine psicologica al lavoro di intelligence che le era stato proposto. Stipendio di cinquantamila euro annui, previo un corso di formazione di nove settimane nel più duro campo di addestramento in una località segreta tra Germania e Polonia. Nikki aveva considerato l’offerta, ci aveva ragionato sopra per un giorno, poi aveva chiamato il numero criptato del reclutatore. Da un anno e mezzo reggeva una copertura che conservava le sue generalità e rendeva credibile la sua attività con il corso di studi intrapreso prima del reclutamento. Parlava sei lingue, poteva gettarsi da un aereo a oltre duemila metri di quota per un lancio HALO e uccidere con un’arma da fuoco, un coltello e a mani nude con la stessa facilità con cui avrebbe potuto suonare Bach al violoncello e comporre haiku. Per il “Kurier” scriveva articoli di politica riguardanti la Russia e le repubbliche dell’ex blocco sovietico.
Nella borsa che portava alla spalla aveva un notebook e altra dotazione forniti dall’ufficio tecnico dell’agenzia che dal 2000 si occupava della sicurezza europea. Era la terza volta in un solo mese che veniva a San Pietroburgo, e sperava di ottenere finalmente dal suo contatto qualcosa di più di qualche vago accenno a un personaggio molto chiacchierato tra gli oligarchi russi e a una fantomatica operazione. Sapeva che esistevano dei rischi.
Scese in metropolitana e raggiunse la fermata Sadovaya Ulitsa non lontano dal monumento di Caterina la Grande e il canale Fontanka. Emerse in superficie e prese la celebre traversa della Nevskij Prospekt.
Non finiva mai di stupirsi della bellezza, dell’ordine, del lusso sbandierato, a dispetto dei quartieri poveri, di quella zona della città. In quel tratto Sadovaya Ulitsa era percorribile solo dai pedoni. Fiancheggiata da edifici classici, si presentava abbellita da enormi vasi le cui piante, in autunno, erano un profluvio di sfumature pastello. Turisti e ricchi russi passeggiavano tra caffè e negozi di moda italiana.
Nikki accelerò l’andatura infilandosi con un gesto quasi distratto gli occhiali avvolgenti D&G. Le lenti erano state trattate dai tecnici della DSE in modo da concederle di vedere i segnali predisposti dalla squadra di “residenti” incaricati della sua protezione e della riuscita del contatto previsto per quel giorno. Dirigendosi verso un caffè all’aperto, reclinò il capo scuotendo i capelli. Nel suo campo visivo entrò la fiancata di uno dei grandi vasi di metallo traboccanti di ciuffi di felci. Le lenti rilevarono la presenza di altrimenti invisibili segni tracciati con una particolare vernice spray. Tre strisce parallele giallo fosforescente.
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