La sera era fredda. Il piroscafo, non molto affollato, procedeva a passo spedito. Napoli la destinazione.
Il clima sottocoperta era piacevolmente rilassato, uomini e donne si lasciavano andare oltre il dovuto, per essere un ambiente così piccolo e chiuso. Tutti i discorsi e gli schiamazzi venivano amplificati fino a provocare un certo fastidio ai seppur festanti passeggeri.
L’odore di sigarette non accennava a diminuire neanche quando i boccaporti venivano momentaneamente aperti, l’odore di whisky e vino, invece, marchiava indelebilmente ogni anfratto della piccola hall. Tavoli, seggioline, divani: tutto impregnato di umori alcolici e sudore, povertà e fatica.
«Versamene un altro per favore!» Aldo, il più alto fra i due allungò il bicchiere in direzione del cameriere, che con l’aria vagamente assonnata cercava di gestire le esigenze di tutti quanti.
L’uomo che gli sedeva accanto, lo guardò con aria molto seria: «Guarda che non dovresti bere. Ricordati che siamo qui per un motivo.»
«Da che mondo è mondo io reggo l’alcool meglio di tutti questi bambocci messi assieme. A Catania sono famoso io.»
«Famoso o no dimostra almeno un po’ di professionalità per piacere.»
Mentre i due si litigavano il bicchiere di Jack Daniel’s una figura, timida e impacciata, si allontanò dal bancone. Era rimasto seduto, a scrivere sul suo taccuino tascabile, per quasi tutta la serata. Qualcuno giurava di averlo visto li già da prima, addirittura fin dalla partenza, da Palermo.
Non aveva rivolto la parola a nessuno e, ovviamente, pochi avevano tentato un aggancio, convinti com’erano che non ne valesse la pena. Il suo quadernetto si stava via via riempiendo di calcoli, forse probabilità sul cambio degli spin degli atomi, ma questo lo sapeva solo lui. Era possibile che venissero scambiati da tutti per geroglifici.
Aldo e Nicola, così si chiamava il suo compare, stavano attenti a non lasciarsi sfuggire il minimo dettaglio: quell’individuo dall’aria particolare, intanto, uscì a prendere una boccata d’aria fresca. Dietro di lui, cercando di farsi notare il meno possibile, lo seguivano in silenzio.
Appena usciti all’aperto furono colti una ventata gelida e, rabbrividendo, cercarono di scuotersi il più possibile, come poterono, in modo di allontanare i torpori dell’alcool e del fumo di sigaretta. Si affacciarono al parapetto della nave, accorgendosi solo allora che procedevano molto velocemente, più di quanto non si sarebbero aspettati. D’altronde, era la prima volta che entrambi salivano su un piroscafo e, da quello che avevano sentito dire, quelli della Tirrenia erano i migliori.
«Lo hai visto?» disse Aldo, vagamente soddisfatto di non avvertire alcun sentore di mal di mare.
«Si. È alla nostra destra. Vedi laggiù, vicino a quelle cime enormi.» Nicola fece cenno con la testa, con molta noncuranza.
«Ma sta parlando con qualcuno! Questa non ci voleva.» mettendo una mano in tasca afferrò un piccolo oggetto metallico.
«Tranquillo. Abbiamo tutta la notte per organizzarci prima di arrivare a destinazione e poi non vedi che quello è un marinaio. Staranno parlando del più e del meno.» e posandogli una mano sul braccio gli fece cenno di mettere giù tutto.
Il piccolo gioiello in acciaio e madreperla si tranquillizzò fra le mani calde del sicario.
«C’è un brutto mare stanotte, no?» Il vento non accennava a diminuire l’intensità.
«Già, ma non si preoccupi signore, la tratta Palermo-Napoli è abbastanza tranquilla. L’importante è che quando arriviamo sia bello.» Solo da lontano si intravedeva Capri, il piroscafo era in procinto di doppiare l’isola.
«Quando attraccheremo?»
«Esatto. Perché col mal tempo c’è il rischio di finire contro gli scogli. Ma è solo un rischio, che io sappia non è mai successo nulla.» Rispose il marinaio cercando di tranquillizzare il passeggero, che ormai, stava torturando da un pezzo un tratto di cima che penzolava inerme.
«Ettore, Ettore.» Una voce si sentiva nella notte.
«Ettore, sono quassù.» La conversazione col marinaio dovette interrompersi. Ettore si girò all’indietro, cercando di scorgere una voce amica. Alzò la testa e solo allora lo vide. Era il tipo con cui condivideva la cuccetta, un giovane viaggiatore senza troppa timidezza.
Fece cenno con la mano per rispondere al suo saluto.
Il giovane, dal parapetto del piano superiore cercava di attirare la sua attenzione «Ancora in giro eh? Cerca di non fare troppo casino quando torni in branda!!! Io ora vado a dormire. A dopo»
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